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In Breve

| 23 febbraio 2020, 08:00

La Valsesia Magica e Misteriosa: La “Pietra della febbre” di Azoglio

A cura di Roberto Gremmo

La Valsesia Magica e Misteriosa: La “Pietra della febbre” di Azoglio

La “Pietra della febbre” del santuario di Azoglio fra Crevacuore e Sostegno é sempre stata considerata dotata di magici poteri e taumaturgici ma non si può più toccare.

  Come al “Ròch dla vita” dell’Urupa, anche in questo appartato luogo di devozione sul versante meridionale del monte Tre Croci i fedeli si sono accostati per secoli ad un masso guaritore cercando guarigione dal mal di schiena ma la Chiesa ha disapprovato questa pratica paganeggiante e la pietra é stata isolata con un muro.

     Il santuario d’Azoglio si trova fra i boschi, in una valletta isolata dove già nel Seicento l’erudito Carlo Amedeo Bellini celebrava i fasti della “chiesa della Vergine detta della febbre e da altri nominata la Madonna di Choij di gran devotione in quei contorni”.   E’ stata eretta dopo l’apparizione della Vergine che l’8 settembre 1334 avrebbe guarito una giovane muta dalla nascita recatasi a pregare davanti ad una pietra con l’immagine mariana inginocchiandosi sul sasso oggi occultato.

   Stando alla leggenda di fondazione, appena si sparse la notizia della guarigione “si eresse col concorso di tutti una prima Cappelletta, in memoria del fatto, che circoscrivesse la pietra, ove era dipinta la devota immagine” mentre i fedeli ebbero la possibilità di ricevere i benefici influssi accostandosi all’altro masso finché non venne nascosto.

   Il santuario d’Azoglio gode ancora d’una certa notorietà ma solo come quello della “Madonna della fontana” perché “l’acqua che viene dalla Cappella della Madonna e che oggi viene a zampillare nel bel mezzo della piazza ha avuto ed ha per opera di Maria SS. delle virtù curative. Se ne somministrava agli ammalati ed agli animali e ne riportavano grandi vantaggi”, come spiega l’opuscolo edito con ‘nulla osta’ ecclesiastico nel 1932.

    La pietra magica non si vede più, un grande muraglione separa la chiesa dalle rocce ramate che la circondano, la fonte miracolosa é intubata e sostituita dalla fontana del piazzale ed il cemento impedisce pratiche devozionali litiche come quelle che resistono alla ‘cappella della vita’ dell’Urupa.

   Anche al non lontano santuario basso-valsesiano di Boca é praticamente impossibile coricarsi sulla pietra guaritrice rossastra cercando di captare le energie misteriose che sembra emettere perché negli anni ‘20 l’ampliamento della cappella dello ‘scurolo’ l’ha coperta quasi completamente. Alla base della roccia sono stati cementati quattro gradini che permettono d’avvicinarsi al crocifisso sul muro ma ostruiscono il passaggio stretto che permetteva lo sfregamento sul masso.

  Nel comprensorio montano del Fenera a poca distanza da Azoglio e da Boca é localizzato il “Sass sfregalina”, la pietra su cui sfregarsi.  In un saggio pubblicato nel 1995 su “De Valle Sicida” Oliviera Manini Calderini sostiene che avrebbe caratteristiche analoghe a quello dell’Urupa perché “fa parte del gruppo di massi legati alla fertilità come i ‘sass d’la sguja’ alla Bessa, la ‘preia batisaà’ di Bugnate, la ‘preia cugnola’ a Borgomanero e tanti altri”.

   Nella stessa zona due pietre a poca distanza dalla località di Ara sono dette “Sass dal pacaà”, pietre del peccato perché porterebbero le impronte del demonio costretto a fuggire verso il monte inseguito da san Bernardo.

   La regione appartata ed impervia del Fenera sembra aver conservato più d’un luogo dove si svolgevano cerimonie pagane anche dopo il trionfo del cristianesimo.

  Un gruppo roccioso che incombe sulla valle del Sizzone é noto come “Sass malagn”, pietra maligna bollato in modo analogo a quello della Bessa per circondarlo d’una reputazione nefasta e tenervi lontane tutte quelle persone che lo frequentavano per ritualità perdute, come testimonia l’esistenza di rozzi gradini ricavati per salire sulla sua cima.

    Secondo la tradizione, chi avesse raccolto delle foglie nelle vicinanze del masso usandole come giaciglio degli animali li avrebbe inesorabilmente condannati a morte.

    A poca distanza, il monte “Calvario” conferma la volontà di ammantare quei luoghi d’una macabra considerazione.

  Tuttavia, un altro “Calvario”, quello di Varallo é stato alla base della creazione del “Sacro Monte”  alla fine del Quattrocento quando padre Bernardino Caimi pensò di edificare in Valsesia un luogo dove poter “veder rappresentati tutti i misteri dolorosi del Redentore” e dunque, come scrisse Giuseppe Antonio Chiara, scelse d’edificarlo dove la montagna presentava “una spaccatura profonda e prodigiosa”, dunque magica.

  Simile a quella d’Azoglio, in Francia é invece scomparsa una ‘pierre de la fièvre’, utilizzata come base d’altare al celebre santuario di Le Puy, in Haute-Loire, centro nevralgico del percorso devozionale dei pellegrini cristiani da e per Santiago de Compostela, fra Nîmes da un lato e Saint-Gilles-du Gard dall’altro.

   Secondo la tradizione, coricandosi su quella pietra e dormendovi almeno una notte, il malato sarebbe finalmente guarito.

   L’altare del Puy era dedicato, particolare significativo, all’immagine d’una madonna nera, come quella dell’Urupa.

  L’archeologo tedesco Paul von Therstappen sostiene che la diffusione dei culti della Vergine nera in Gallia ha permesso di sbaragliare “en douceur”, discretamente quelli pagani della ‘Madre Terra’ corvina. A maggior ragione, si può sostenere che analogo fenomeno d’assorbimento e sostituzione si é verificato nella “Gallia Cisalpina”, in un luogo altamente simbolico come Urupa.    

   La ‘pierre de la fièvre’ del Puy é un singolare fonolite, una pietra eruttiva vulcanica ridotta in lastre, sonora alla percussione.

  Si trova nel santuario che sorge sull’antico stanziamento pre-romano di “Anicium”, nome che richiama quello della dea-madre celtica “Ana” e non é azzardato pensare che il culto mariano si sia sovrapposto ad antiche devozioni pagane.

   Purtroppo, al Puy la statua lignea originale venne brutalmente bruciata in piazza dalla folla scatenata e fanatizzata al tempo degli eccessi falsamente rivoluzionari di fine Settecento quando Robespierre aveva scatenato una violenta offensiva  al Cristianesimo ed a “ses charlatans de prêtes” sostituendo alla Pentecoste la “fête nationale en l’honneur de l’Etre suprême”.

    Al Puy, accanto alla collina del santuario di “Notre-Dame” si erge l’immensa colonna pietrosa naturale alta 88 metri d’altezza d’Aiguilhe, anch’essa d’origine vulcanica. Fin dall’anno 962 sulla sommità é stato eretta una cappella dedicata a San Michele cui si accede per una ripida scalinata scavata nella roccia. Sul portale del tempietto é stata inserita una lunetta in pietra raffigurante due sirene, creature dal corpo di donna ma dall’estremità inferiore mostruosa.

   Come j’“Afé” della montagna biellese.  

  Saremo grati a chi vorrà segnalarci realtà analoghe a quelle esaminate in questo articolo scrivendo a storiaribelle@gmail.

   Per approfondire questi argomenti segnaliamo due libri pubblicati da Storia Ribelle casella postale 292 - 13900 Biella.

Roberto Gremmo

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