CRONACA - 01 dicembre 2014, 15:17

Delitti e Misteri: La prostituta contadina

“Mi dispiace, maresciallo, è morta. La lesione al cranio era troppo grave… abbiamo fatto il possibile”. “Ma… ha detto qualcosa prima di …”. “Assolutamente no. Quando è arrivata da noi, era già in coma irreversibile”.

-         Villanova Marchesano (Rovigo) fine anni Sessanta

“Maria! Maria! Ma dove si è andata a cacciare? Maria c’è il pollaio da pulire… Maria!”. Ma Maria è troppo presa dal suo amante, per sentire la voce della madre. Nata a Villanova Marchesano, un piccolo centro agricolo della provincia di Rovigo, la scuola non l’ha frequentata molto. Figlia di contadini, dopo le lezioni li aiutava nei campi e con gli animali. Le  sue coetanee  escono, vanno a divertirsi, in paese, a mangiare un gelato. Lei, no! Sempre confinata in casa, a svolgere le faccende domestiche, oppure fuori con mamma e papà, sorvegliata a vista. Due braccia in più, in campagna, fanno comodo. Dopo l’ultima alluvione, quasi venti anni prima, la sua famiglia ha faticato a risollevarsi. L’acqua si era portato via tutto, anche le speranze e i sogni. Poi era arrivata lei, una bocca in più da sfamare, ma anche una persona in più da mettere a dissodare la terra, quando fosse cresciuta. Con l’adolescenza, però, la bellezza di Maria è sbocciata prepotentemente e gli uomini hanno iniziato a notarla. E lei si è fatta dei progetti. Sa di essere bella e dal paese vuole andarsene. Ha conosciuto un ambulante che le ha promesso di portarla in città, di fare di lei una signora. Per adesso, però, ne ha fatto solo la sua amante. Si incontrano di nascosto ai genitori di Maria; fanno l’amore e poi lui riparte  per il suo giro, che lo tiene lontano anche settimane. L’ultima volta, lei gli ha confidato di quel ritardo, che un po’ la turba e un po’ la rende felice. Pensava che l’avrebbe abbracciata, porta via con sé, verso una nuova vita. Invece, no. Lui si era irrigidito, poi messo a urlare, a gridarle in faccia che era solo una stupida, sciocca ragazzina. Che doveva risolvere quel problema da sola, perché lui era sposato e non avrebbe mai mandato a rotoli il suo matrimonio per una contadinotta.

-         Roasio, 18 dicembre 1988

Enrico ha raggiungo via Dante che è mezzanotte passata. Al vicino numero 2 abita una sua amica. Si chiama Maria Angela Colognese, ha 35 anni e di professione fa la prostituta. Si sono conosciuti, qualche anno prima, in un locale di Brusnengo. Era andato con gli amici a ballare e l’aveva notata subito: pantaloni attillati, tacchi a spillo, capelli sciolti sulle spalle e fisico mozzafiato. Se ne era innamorato subito, perché anche lui avrebbe voluto essere così: bella e disinvolta. Il destino, però, lo aveva confinato in un corpo maschile, un corpo che non sentiva il suo. Tra loro era nata una splendida amicizia. Andava a trovarla, di notte, quando l’ultimo cliente se ne era andato. Lei gli raccontava della sua infanzia contadina e lui la consigliava sul trucco più alla moda, o l’accessorio più trendy. Insieme uscivano per divertirsi, andavano al cinema o al ristorante. Quando gli affari andavano bene, pagava lei, altrimenti facevano a metà. E quella notte, non sarebbe stata tanto diversa dalle altre. Qualcosa, però, non va. Di solito, appena lui suona il campanello, lei corre ad aprire. Sa che è lui, hanno un codice. Ma questa volta, la scena non si ripete. Eppure è in casa, le luci sono accese. Allora inizia a battere sulle porta con i palmi delle mani, a urlare il suo nome, fino a quando qualcuno, nelle case vicine, si sveglia. “A cosa succede? Adesso chiamo i carabinieri!”. E una pattuglia, in pochi minuti, arriva davanti al portone d’ingresso della casa. Sanno benissimo chi abita lì, hanno già controllato. Maria Angela Colognese è schedata come prostituta, ma è una che non dà fastidio. Discreta come i suoi clienti. Inoltre, quando qualcuno ha bisogno, si presta volentieri. Sono anni che “riceve” in casa, dopo un breve e burrascoso periodo in strada. Troppo rischioso, per una donna bella e dalle buone maniere come lei.

-         Villanova Marchesano (Rovigo) primi anni Settanta

Ormai, in paese, non si parla d’altro che di Maria Angela e dei suoi tanti amanti. Tutti bravi a tirare coltellate alle spalle. Sono le sue coetanee, le peggiori. Le hanno fatto il vuoto intorno per invidia, gelosia. I suoi genitori sono sempre meno tolleranti e a malapena le rivolgono la parola. Fino a quando, sua madre, non l’affronta: “Lo sai cosa dicono in paese? Lo sai? Dicono che ti concedi agli uomini, anche a quelli sposati. Stai portando la vergogna in questa casa, te ne devi andare. Noi, non abbiamo più una figlia!”. E lei l’aveva presa in parola. Aveva messo le sue poche cose in una valigia, atteso che i genitori andassero nei campi e salita sulla prima corriera, diretta a Rovigo. In tasca pochi soldi, avuto da uno degli uomini con cui si accompagnava. Da lì, in treno aveva raggiunto Milano. Scesa in una pensioncina, poco costosa e tanto sporca, si era messa per sul marciapiede. Ma i rischi erano troppo grossi e la concorrenza sleale. Non aveva nessuno che le guardasse le spalle e, dopo l’ultima aggressione, aveva rifatto le valige. Una “collega” le aveva parlato di Roasio, paese tranquillo, vicino alla zona franca di Gattinara. Aveva trovato un alloggetto e iniziato a ricevere i clienti, con discrezione. Infatti, in pochi mesi, era riuscita a costruire rapporti di buon vicinato.

-         Roasio 18 dicembre 1988

Ci sono voluti i vigili del fuoco per sfondare la porta. Una volta dentro, nell’ingresso, i carabinieri trovano Maria Angela Colognese a terra. Dietro al capo, una larga macchia di sangue. Respira ancora, il volto esangue. Enrico, l’amico di sempre, la chiama per nome, ma lei non reagisce. Intanto è arrivata l’ambulanza. I volontari della Croce Rossa caricano la donna sulla lettiga e la portano all’ospedale di Gattinara. Basta un’occhiata, al medico di guardia, per intuire la gravità della situazione. Una telefonata al collega del Maggiore di Novara e Maria Angela Colognese viene nuovamente caricata sull’ambulanza. Un’ora dopo è già nel reparto di rianimazione, dove morirà un paio di giorni dopo senza mai riprendere conoscenza. Intanto i militari dell’Arma sentono gli abitanti della zona, l’amico che ha dato l’allarme. Emerge il quadro di una donna discreta, che non mette i suoi 35 anni. Tante frequentazioni maschili, ma nessuna importante che vada al di là del mero aspetto lavorativo. Poi, qualcuno fa il nome di un giovane operaio, di 24 anni, che è stato visto spesso entrare e uscire dall’abitazione di borgata Corticella. Fermato e portato in caserma, viene interrogato a lungo. “E’ vero, conoscevo Maria, da tanti anni. Sono stato anche fidanzato con una sua amica. Sì, ogni tanto andavo da lei. Facevamo l’amore e poi me ne andavo. No, non ero innamorato di Maria; eravamo solo amici. Se non voleva soldi, era perché sapeva delle mie difficoltà! E poi, quando sono andato via, quella sera, lei mi ha detto che aspettava qualcuno. Lo giuro, era ancora viva quando l’ho lasciata! Erano da poco passate le 20 e dovevo vedermi con un amico, in un bar del centro. Sono rimasto con lui fino all’ora di chiusura, passata mezzanotte”.

Il giovane verrà rilasciato e sull’omicidio di Maria Angela Colognese calerà il silenzio.

-         Conclusioni

Chi ha ucciso Maria Angela Colognese e perché? Sono 26 anni che si cerca una risposta. Il delitto è maturato nell’ambiente della prostituzione o altrove? Era o meno premeditato? Tante domande a cui appare, dopo tutto questo tempo, difficile dare una risposta. La donna venne trovata nell’ingresso, vestita. Quindi in un ambiente diverso, da quello dove svolgeva la sua attività. All’apparenza, inoltre, sembra un delitto d’impeto. Apre la porta a qualcuno, litigano, l’altro la spinge violentemente contro un muro. Fatalità vuole che sbatta il capo e si ferisca mortalmente. Se l’omicida avesse premeditato il delitto, sarebbe arrivato armato. Ciò fa quindi supporre che non si tratti di un omicidio, piuttosto di un gesto andato oltre le intenzioni. Forse il rifiuto di ricevere un cliente, per l’appuntamento con l’amico, piuttosto che la scoperta, da parte di qualcuno, magari un ammiratore o un innamorato, della sua “professione”. Certo è che l’omicida sapeva come muoversi e conosceva bene la zona, visto che riuscì a dileguarsi senza farsi notare. 

Elena Giacchero