Copertina - 02 luglio 2025, 00:00

Silvio “Gnaro” Mondinelli: dalla Valsesia agli Ottomila, il cammino di una leggenda

Silvio "Gnaro" Mondinelli è uno dei più grandi alpinisti italiani e internazionali, una leggenda vivente. Sesto uomo al mondo ad aver scalato tutti i 14 ottomila senza ossigeno supplementare, ha sfidato i giganti della Terra, in una serie di imprese che lo hanno consacrato nell’elitè dell’alpinismo mondiale. Nato il 24 giugno 1958 a Gardone Val Trompia (BS), nel 1976 decide di arruolarsi nella Guardia di Finanza. Poco dopo viene trasferito nella nostra Alagna, dove entra a far parte della caserma del SAGF, il Soccorso Alpino dei finanzieri: un passaggio chiave, che segna l'inizio di un legame profondo con la montagna e con la Valsesia.

La carriera alpinistica di Mondinelli è costellata di imprese straordinarie e salvataggi in alta quota, azioni che gli hanno valso riconoscimenti ufficiali e prestigiosi premi. Ma per lui il valore umano resta al primo posto: “Conta più l'abbraccio sincero di una madre a cui hai salvato il figlio che mille riconoscimenti,” ama ripetere.

La montagna, per Mondinelli, è molto più di una sfida: è una scuola di vita, un luogo in cui tessono legami autentici. Con la sua onlus , oggi non più attiva, ha aiutato centinaia di bambini in Nepal, contribuendo alla costruzione di scuole e ospedali. Un percorso di solidarietà che non si è mai interrotto: ancora oggi collabora con associazioni impegnate nel sociale, portando lo stesso spirito di altruismo che l’ha sempre guidato, in vetta come nella vita.

Uomo dei record, sesto al mondo ad aver scalato tutti i 14 ottomila senza l’ausilio di ossigeno. Ci racconta un po’ delle sue fortune e sfortune in alta quota?
“La più grande fortuna? Essere stato trasferito ad Alagna. Il Monte Rosa, che abbiamo qui, è un piccolo ottomila, una vera palestra d’alta quota. Io ero abituato al Trentino e alle Dolomiti, dove si fa solo arrampicata su roccia pura, ad Alagna ho trovato l’ambiente perfetto per prepararmi all’Himalaya.
E poi la fortuna di essere entrato nella Guardia di Finanza: un gruppo di ragazzi giovani, con tanta voglia di montagna che mi hanno trasmesso tanta passione. Molti mi hanno dato una mano e i risultati che ho ottenuto sono anche merito loro."

Un momento particolarmente positivo?
“Sul K2, la cosiddetta “montagna degli italiani” – anche se, a mio parere, le montagne sono di tutti – abbiamo salvato due ragazzi spagnoli. Lui purtroppo ha perso alcune dita dei piedi. È stato un intervento rischioso, ma è andato a buon fine.”

E invece uno dei momenti più difficili?
Sicuramente la valanga sul Manaslu, nel 2012. Eravamo al Campo 3 e ci ha travolti mentre stavamo dormendo causando 13 morti. Io e il mio compagno di scalata, Christian Gobbi, siamo sopravvissuti per miracolo.

Come nasce il soprannome "Gnaro"?
Nel dialetto bresciano "gnaro" significa “bambino”. Io non ricordavo mai i nomi delle persone, così chiamavo tutti "gnaro". Alla fine sono diventato io "Gnaro"! Anche se ormai, con l’età che ho, forse non mi si addice più…

Nel 2021 ha ricevuto la Targa d’Argento al Valore Alpino. Cosa significa per lei mettere la propria vita a rischio per salvare gli altri?
“Salvare vite è stato il mio mestiere ma prima ancora è una questione di educazione, di valori trasmessi dai miei genitori. Non do troppa importanza ai riconoscimenti ufficiali: vale molto di più l’abbraccio sincero di una madre a cui hai salvato il figlio, che mille premi o targhe. Quello è il vero riconoscimento.”

Lei è nato a Gardone Val Trompia, ma ha vissuto a lungo ad Alagna. Dove si sente più “a casa”?
“Mi sento più legato alla Valsesia. Quando tornavo a Brescia mi dicevano: “Ma che accento hai?”. Avevo preso quello valsesiano! Gli amici di una vita abitano da Borgosesia in su. Quando torno ad Alagna sento una malinconia forte… anche se un po’ la provavo prima per Gardone. Non posso lamentarmi: sono tornato nella mia terra di origine e vivo in un posto stupendo, ma metà di me sarà sempre valsesiana."

Ha dovuto sacrificare qualcosa per la montagna?
"La montagna è uno stile di vita, è fatta di sacrifici. Ho piegato la schiena per raggiungere i miei obiettivi, come fanno tutti, anche in altri lavori del resto. Però mi sento fortunato perché nella vita ho fatto di tutto.
Forse non sono stato un bravo papà, perché a volte, per ottenere risultati, bisogna essere un po’egoisti… trovare un equilibrio non è semplice."

Si è arruolato prima o dopo aver scoperto la passione per la montagna?
"La passione vera me l’ha trasmessa la Guardia di Finanza. Mi ha dato un lavoro, un’educazione, e persone positive accanto. Ricordo solo bei momenti. È lì che è iniziato tutto."

Con la sua onlus "Amici del Monte Rosa" ha aiutato tante persone. Ce ne parla?
“La onlus ora è chiusa, ma abbiamo realizzato diversi progetti. Anche grazie alla generosità dei valsesiani abbiamo costruito un presidio ospedaliero e una scuola a Namche Bazar, in Nepal, oltre a sostenere tanti ragazzi con le adozioni a distanza. È stata una della soddisfazioni della mia vita. Ora continuo ad aiutare altre associazioni, in questo momento collaboro con una onlus svizzera. La montagna mi ha dato tanto, ma ho cercato di restituire almeno una parte.”

È stato insignito della Croce d’oro al merito della Guardia di Finanza e del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica. Cosa rappresentano per lei questi riconoscimenti?
“Sono importanti, ma fino a un certo punto. Credo molto di più nell’affetto e nell’amicizia. Se venite a casa mia troverete tante foto con persone care e pochissime della montagna. Mi piace pensare di essermi comportato con rispetto ed umiltà. Alcuni salvataggi nemmeno li ricordo, perché sì, ho aiutato molte persone, ma sono stato a mia volta soccorso: quello che resta davvero impresso è quando sei tu ad essere sotto la neve.”

Il successo l’ha cambiata?
“Il successo mi ha aperto delle porte, è normale. Ma non ne ho mai approfittato. Quando la gente mi riconosce, mi imbarazzo, non per timidezza… ma perché sono una persona semplice. Dico sempre: se l’ho fatto io, lo puoi fare anche tu.”

Cosa vede nel suo futuro prossimo?
“Mi piace viaggiare con gli amici. Di recente siamo stati in Turchia e ci siamo divertiti molto. Le grandi imprese le ho già vissute, ma ci sono ancora tante montagne da scoprire. L’importante è una sola cosa: tornare a casa sani e insieme agli amici.
La montagna è fatta per essere scalata, ma si può sempre ritentare se non si riesce a raggiungere la vetta. È anche un modo per conoscere persone e creare legami veri.”

Una “ricetta” per avvicinare le persone alla montagna e contrastare lo spopolamento delle valli?
“Vivere in montagna significa adottare uno stile di vita diverso, fatto di sacrifici. Io abito in un posto dove la città e persino l’aeroporto sono vicini, ma per tante famiglie che vivono più isolate le cose sono diverse: spesso il primo asilo è a 15 chilometri o più, e questo contribuisce allo spopolamento delle valli. Per fortuna oggi la tecnologia, come la didattica a distanza, ci aiuta a superare qualche difficoltà e a rendere tutto un po’ più semplice.
Una cosa però ci tengo a dirla: la montagna non è un parco giochi. Va rispettata e vissuta con consapevolezza. Può dare tanto, ma va presa sul serio.”

redazione

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