C’è stato un tempo in cui d’estate si usciva con le infradito, si stendevano i panni, si accendeva il barbecue e le scelte più ardue si rivelavano quelle della crema solare: protezione 30 o 50? Oggi, invece, appena esce il sole, ci si guarda attorno con sospetto: “Ma durerà?”. Il cielo sereno dura giusto il tempo di uno sguardo e improvvisamente, si alza il vento della Patagonia, nuvole nere sbucano dalle Alpi e inizia lo spettacolo: fulmini, pioggia obliqua, grandine e, perché no, un piccolo tornado.
L’illustrazione di Giovanni Cavallo – con due innamorati che si godono una “bella giornata estiva” sotto una tempesta apocalittica – riassume perfettamente la situazione. Ironica? Sì. Ma neanche troppo lontana dalla realtà. Ormai ci siamo abituati: si parte con con il cielo blu e il canto delle cicale, si finisce con i sottopassi allagati e le foglie spazzate via come coriandoli a Carnevale.
Un tempo si parlava di “temporali estivi” e giornate assolate, ma ora si alternano settimane con 36 gradi all’ombra e serate autunnali... poi caldo tropicale. Tutto scandito dal "meteorologo pentito" quello che cambia versione ogni sei ore, perché anche la sua scienza, ormai, è piuttosto incerta.
I cittadini valsesiani si stanno adattando. Chi esce di casa sa che la divisa standard prevede: occhiali da sole, maglietta di ricambio, ombrello pieghevole, giacca impermeabile e, per sicurezza, sandali e stivali nello zaino. Perché non si sa mai: la passeggiata in centro potrebbe trasformarsi nel salto della pozzanghera.
E allora eccoci qui, con i piedi sospesi fra l’asfalto che fonde e l’erba che galleggia, in attesa di capire se il prossimo scroscio arriverà sotto forma di grandine o tempesta solare. Ogni fulmine è un lampo sulla nostra incertezza, ogni respiro afoso un promemoria che il termostato globale ha superato la zona di comfort. Molti di noi restano a guardare: "È l'estate di sempre" mentre le uova sfrigolano adagiate sul muretto in terrazzo... attendendo il prossimo capriccio del cielo.