EVENTI - 05 agosto 2025, 17:04

A Brugarolo "Uno di noi": una mostra dedicata a Gianfranco Ferraris

Alpino, rifiutatosi di entrare nella Repubblica di Salò fu deportato in Germania in un campo di lavoro vicino a Brandeburgo, dove sopravvisse fino alla liberazione.

A Brugarolo "Uno di noi": una mostra dedicata a Gianfranco Ferraris

Nell’ambito del fitto programma: “Vivi l’estate 2025”, organizzato dall’attivissimo G.S. Brugarolo, domenica 3 agosto, presso la chiesa di San Giacomo in Brugarolo, la vulcanica Presidente, Donata Bogliani, ha inaugurato la mostra: “Uno di noi” Gianfranco Ferraris, testimonianza di una vita, curata dalla figlia Tiziana Ferraris, dal nipote Lorenzo e da Daniele Conserva. Numeroso il pubblico intervenuto, tra il quale l’Assessore alla Cultura dell’Unione Montana dei Comuni della Valsesia, Attilio Ferla e il Sindaco di Cravagliana, Luca Debernardi.

Questa interessante mostra è nata da una agendina ritrovata per caso nelle carte della famiglia Ferraris, dalla quale emergeva la terribile esperienza di vita fatta da un ragazzo di vent’anni, nato a Milano nel 1922, che si era iscritto alla Bocconi, ma dovette interrompere gli studi a causa della guerra. Nel 1943 Gianfranco Ferraris era stato arruolato tra gli Alpini Rocciatori in Val Senales come istruttore di roccia, avendo maturato una notevole esperienza: già nel 1942, con l’Accademico del CAI Ercole Esposito, aprì una via sulla Torre di Boccioleto.

Dopo l’8 settembre Gianfranco rifiutò di entrare nella Repubblica di Salò e fu deportato in Germania in un campo di lavoro a Luckenwalde, vicino a Brandeburgo, 58 chilometri a sud di Berlino, dove fu prigioniero per due anni. Dal campo scrisse alcune lettere ai familiari, padre, madre e fratello più piccolo, cercando di rassicurarli sulle sue condizioni di vita, che in realtà erano molto dure. Gianfranco, anche grazie alla sua capacità di fare ritratti, riuscì a ottenere dei piccoli supplementi di cibo e sopravvisse fino alla liberazione. Con un rocambolesco viaggio riuscì finalmente a tornare a casa. Nel 1952 si sposò con Elvezia ed ebbe una figlia Tiziana, che ha ricordato come non amasse raccontare quella sua esperienza di IMI (Internato Militare Italiano).
Gianfranco fin da ragazzo era speciale: a diciotto anni, nel 1940, aveva salvato dall’annegamento Mario Tosi, un quindicenne che si era avventurato nelle acque del Mastallone, come testimonia un articolo del Corriere Valsesiano. Conclusa una brillante carriera lavorativa si dedicò alle sue passioni: la fotografia, la pittura e i viaggi. Nella chiesa di Brugarolo sono esposti molti quadri che hanno come soggetto principale scorci di Valsesia, oltre ad articoli di giornale, e copia delle lettere dal campo. La figlia Tiziana ha raccontato con commozione come, in occasione di una vacanza a Berlino, prima della caduta del Muro, il padre, profittando delle sue conoscenze di tedesco, a Berlino Est prese il treno e con un biglietto di prima classe si recò a Brandeburgo, per rivedere i luoghi della sua prigionia: erano rimasti solo la chiesa e poco altro, tutto distrutto dai bombardamenti, ma si era preso la sua personale rivincita, tornando dove era stato portato con carri bestiame.

 

Daniele Conserva, attore e chansonnier valsesiano, che si è spesso occupato di emigrazione e di storie di persone che parlano all’oggi, ha colto i valori di Gianfranco, contribuendo ad impaginarli nella mostra che resterà aperta fino al 31 agosto nei giorni di sabato e domenica dalle 17 alle 19.

C.S. Piera Mazzone, M.C.T.