ATTUALITÀ - 19 ottobre 2025, 06:50

L’oro costa più dell’oro!

Cosa c’è dietro i recenti rialzi e perché è così importante avere l’oro all’interno dei portafogli di investimento?

Da secoli l’oro viene percepito come il “porto sicuro” nei momenti di incertezza economica o geopolitica.

Non genera reddito, non distribuisce cedole né dividendi, ma ha un valore simbolico e psicologico fortissimo: rappresenta stabilità in un mondo instabile.

Questo mito, però, va maneggiato con cautela.

L’oro protegge solo in determinati contesti — tipicamente (ma non sempre) quando i tassi reali (cioè al netto dell’inflazione) sono bassi o negativi, oppure quando la fiducia nei mercati finanziari vacilla.

In altri periodi, invece, può deludere: basti pensare che dopo il picco del 1980 ci sono voluti oltre 25 anni per rivedere quei livelli.

Insomma, l’oro non è infallibile. È un’ancora, non un motore di rendimento.

Cosa c’è dietro al recente rialzo

Verso aprile dello scorso anno il valore era intorno ai 2.400 USD l’oncia e si parlava di speculazione, interrogandosi se quel prezzo sarebbe stato sostenibile e dopo quanto sarebbe avvenuto il crollo.

Oggi, dopo che negli ultimi mesi il metallo giallo ha messo a segno una performance straordinaria (più del 60% da inizio anno) siamo quasi ad un valore di 4.400 USD l’oncia.

Dietro questa corsa non c’è magia, ma una combinazione di fattori economici e psicologici.

I tassi reali sono in calo, rendendo meno attraenti gli strumenti obbligazionari, ma soprattutto le banche centrali – in particolare quelle dei paesi emergenti - stanno accumulando oro come strumento di riserva, in parte per ridurre la dipendenza dal dollaro.

E infine, il fattore più potente di tutti: la narrazione.

Quando un asset sale, diventa automaticamente più desiderabile, attirando nuovi capitali solo perché… sta salendo. È la classica FOMO (Fear of Missing Out), la paura di restare fuori dal “treno giusto”, che genera un effetto gregario per cui tutti corrono ad acquistare e il prezzo sale ancora di più.

Il ruolo dell’oro in un portafoglio bilanciato

L’oro non genera reddito e, preso singolarmente, non è un investimento “produttivo” (è invece molto rischioso, volatile).

Eppure, in un portafoglio ben costruito, svolge un ruolo chiave di diversificazione. Assolutamente sbagliato sarebbe non inserirlo all’interno dei propri investimenti.

In scenari di crisi, può ridurre la volatilità complessiva, offrendo una protezione parziale contro shock di mercato o inflazione inattesa: basti pensare a quanto avvenuto nel recente 2022 in cui gli unici portafogli che hanno limitato i danni sono stati quelli che presentavano al loro interno una componente di oro.

Non a caso anche i sempre più diffusi “portafogli pigri” contengono al loro interno percentuali non trascurabili di oro e le loro performances in termini di rendimento e stabilità sono di tutto rispetto.

Per questo motivo, in tutte le allocazioni, una quota tra il 5% e il 10% è spesso considerata un equilibrio ragionevole: sufficiente a offrire stabilità, senza compromettere il potenziale di rendimento complessivo.

Chi invece pensa di “scommettere” tutto sull’oro confonde una copertura strategica con una posizione speculativa e rischia di pagarne care conseguenze.

Pertanto, a fronte dell’attuale contesto è importante non lasciarsi prendere dall’euforia, effettuare gli opportuni ribilanciamenti se necessario e riflettere sull’importanza di questa asset class, qualora non la si avesse inserita già prima all’interno del proprio portafoglio diversificato.

Il punto non è inseguire chi brilla oggi, ma capire cosa protegge davvero il proprio patrimonio domani.

Avete domande o curiosità? Potete scriverle alla redazione del giornale oppure tra i commenti su Facebook

Andrea Fabbris – Consulente Finanziario Indipendente

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