Partiti da Varallo all’alba, in pullman, moderni pellegrini “su ruote”, per condividere il cammino verso la comune meta: il Giubileo della Speranza. I chilometri scorrono veloci tra lodi, vespri e canti, intervallati da brevi interventi sul significato del pellegrinaggio giubilare, risalendo alle origini bibliche, tracciandone la storia a partire dal primo anno santo del 1300, sottolineandone l’origine di movimento popolare che si diffonde in tutta Europa, inducendo milioni di pellegrini a dirigersi verso Roma per pregare sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Ai Giubilei Ordinari, la cui cadenza viene fissata a venticinque anni, perché ognuno possa vivere almeno una volta nella vita l’anno di Grazia, si aggiungono i Giubilei Straordinari. Il Giubileo 2025 è stato aperto da Papa Francesco, ma le porte Sante saranno chiuse da Papa Leone. Attese e speranze sono state scritte su dei cartoncini anonimi, che sono stati letti e commentati da Don Roberto Collarini, prevosto di Varallo. Il nutrito gruppo di pellegrini ha attraversato le quattro Porte Sante delle Basiliche Giubilari: Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le Mura e San Pietro. Il significato del passaggio attraverso le Porte Sante è stato amplificato dal rito collettivo, condiviso con migliaia di persone che provengono da tutto il mondo: ciascuno abbandona le inutili zavorre e attraversa il varco, iniziando una vita nuova. Ogni basilica è una stratificazione di opere d’arte, ma soprattutto il risultato di secoli di Fede. Durante il viaggio di ritorno ad ognuno è stato chiesto di esprimere, sempre in forma anonima, che cosa hanno significato queste giornate così speciali, offrendo le proprie riflessioni. La tombola in pullman si è trasformata in metafora delle nostre vite con i talenti di partenza, i traguardi grandi o piccoli e i premi consegnati dal destino, sui quali non si deve far troppo conto, perché la vera meta è un’altra. All’arrivo a Roma Don Damiano Pomi, docente presso la Pontificia Università Gregoriana, parroco di Ghemme, attendeva il gruppo valsesiano davanti a Santa Maria Maggiore, chiesa mariana per eccellenza, la più antica delle chiese dedicate alla Madonna costruite in Occidente, l’unica delle basiliche pontificie che ha mantenuto intatta la struttura originale a cinque navate, chiamata anche la Betlemme Romana perché conserva una reliquia della culla di Gesù. All’interno si può ammirare il più antico ciclo di iconografia romana sopravvissuto e la più importante icona mariana, la Salus Populi Romani, che la tradizione attribuisce a San Luca: nella cappella ha celebrato la Messa Monsignor Filippo Ciampanelli, sottosegretario del Dicastero per le Chiese orientali, vescovo novarese, di origine vocchese per parte di madre. Le visite sono proseguite il giorno successivo con Santa Croce in Gerusalemme, una delle sette chiese di Roma che fanno parte del tradizionale pellegrinaggio, costruita sulla casa di Elena, la madre dell’imperatore Costantino. In questa chiesa è custodita la prova archeologica dell’esistenza di Gesù, la reliquia più importante della Cristianità, il Titulus Crucis, una tavoletta di legno in noce con un’iscrizione che corre su tre righe, in tre lingue e tutte con direzione da destra verso sinistra: ebraico, greco e latino. L’iscrizione dice: Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, “Gesù Nazareno re dei giudei”, che noi conosciamo anche come sigla "I.N.RI.". Si tratta del cartiglio appeso sulla croce su indicazione di Pilato, che volle così specificare la motivazione della condanna, secondo le norme di diritto romano. Attraversando un giardino si raggiunge San Giovanni in Laterano, la prima chiesa di Roma e di tutto il mondo, primitiva sede dei vescovi di Roma, dove i Papi risiedevano prima di trasferirsi in Vaticano, anche in questo caso la facciata è stata monumentalizzata. Oltrepassata la Porta Santa, su una colonna si vede un lacerto di affresco di Giotto, realizzato nel 1300, perché proprio in questa chiesa fu indetto il primo Giubileo. Nel pomeriggio ci si è diretti all’Ostiense per visitare l’Abbazia delle tre fontane, dove si trova il luogo del martirio per decapitazione di Paolo, cittadino romano: un tratto di strada romana basolata, richiamava gli ultimi passi dell’Apostolo delle genti. Questo sito appartato, silenzioso, contrastava con le folle in cammino: la chiesa monastica, buia ed essenziale nelle decorazioni, ricordava i primordi della cristianità. La tomba di San Paolo si trova all'interno della Basilica di San Paolo Fuori le Mura, costruita sull'area dove il corpo dell'apostolo fu sepolto, non fu mai scavata perché sormontata dal prezioso ciborio di Arnolfo di Cambio. La basilica fu devastata da un incendio nel 1823, che danneggiò gravemente l'antico soffitto, le colonne e gli interni: fortunatamente si salvarono l’arco trionfale e il ciborio. Essere a Roma e non partecipare all’udienza generale del mercoledì sarebbe stato davvero deplorevole: grazie alla Walser Viaggi sono stati prenotati i biglietti per accedere a piazza San Pietro, mettendosi pazientemente in coda, stretti tra migliaia di persone provenienti da tutto il mondo. L’udienza è stata preceduta da un lungo giro in papamobile durante il quale Leone XIV ha salutato diversi bambini, si è soffermato con le spose, benedicendo la folla di fedeli. Le ore di attesa sono volate perché l’emozione era condivisa con coloro che non erano più sconosciuti, ma compagni di cammino provenienti da tutto il mondo. Leone XIV ha dedicato la catechesi al dialogo interreligioso ed al messaggio del documento conciliare Nostra Aetate, approvato dal Concilio Vaticano II proprio il 28 ottobre 1965, rievocando le radici ebraiche del cristianesimo e suggerendo una serie di temi su cui tutte le religioni possono lavorare insieme: ecologia, lotta all’estremismo, Intelligenza Artificiale. Al termine dell’udienza ha accolto l’omaggio di delegazioni da tutto il mondo. In San Pietro si è intimoriti dalla maestosità del luogo, ma grazie a Don Damiano ognuno si è sentito partecipe di quei tesori. Nel pomeriggio si è svolta la visita a Santa Maria in Vallicella, celebre sede dell'Oratorio di san Filippo Neri, chiesa dei Valsesiani a Roma, dove si raccolsero le offerte per la cappella della Samaritana al Sacro Monte. San Filippo Neri, compatrono di Roma, patrono dei giovani e degli insegnanti, fondatore di oratori, luoghi di educazione e crescita gioiosa per i giovani, istituì il "Giro delle Sette Chiese". Filippo è stato senza dubbio uno dei santi più bizzarri della storia della Chiesa, tanto da essere definito: "santo della gioia". In questa chiesa ha avuto inizio il “percorso caravaggesco” con la Deposizione dalla Croce, dipinto commissionato per la cappella dedicata alla Pietà, dove ora è esposta una copia di inizio Ottocento, perché l’originale è conservato nei Musei Vaticani: colpiva il gioco di sguardi della Madonna e degli altri protagonisti, mentre Giuseppe d’Arimatea pareva cercare il coinvolgimento di chi guardava il quadro. Don Damiano ha sottolineato l’importanza di vedere l’opera d’arte nella sua originale collocazione. La Madonna dei Pellegrini di Caravaggio nella prima cappella della navata di sinistra della Basilica di Sant’Agostino, ad un passo da Piazza Navona, da San Luigi dei Francesi e da quei luoghi che il Merisi frequentava nella sua vita di ogni giorno, è grande come un’antica Maestà: sembra di trovarvi di fronte ad una scena di vita quotidiana piuttosto che ad una scena sacra. I due pellegrini sono inginocchiati di fronte alla Madonna, che si affaccia con il Bambino in braccio sulla porta della sua casa: la donna porta avvolto intorno al capo un fazzoletto bianco, ormai sporco, l’uomo ha i piedi sporchi di terra e segnati dal cammino. In San Luigi dei Francesi, la Cappella Contarelli, custodisce tre tele del Caravaggio dedicate a San Matteo: la chiamata del santo, la scrittura del suo Vangelo ed il suo martirio. «Il pellegrinaggio nelle catacombe si configura come un itinerario in cui fare esperienza del senso dell’attesa e della speranza cristiana» scrisse Papa Francesco, quindi l’ultimo giorno romano è stato dedicato alle catacombe di San Marcellino e San Pietro, due martiri qui sepolti nel 304 d.C. ai tempi dell’imperatore Diocleziano. Queste catacombe, aperte esclusivamente per il gruppo valsesiano, essendo il giovedì giorno di chiusura, si trovano al III miglio della via Labicana Antica (attuale via Casilina), nella località chiamata ad duas lauros dove sorge il mausoleo dedicato a Sant’Elena. Il multietnico quartiere di Tor Pignattara prende il nome dalle anfore olearie, dette anche pignatte, inserite nella cupola forse per alleggerirne il peso, o agevolarne la solidificazione. L’insediamento funerario cristiano, il più ricco di affreschi conservati all’interno in ben ottantasette ambienti, presenta lunghe gallerie, nelle cui pareti si ricavarono tombe a loculo, talvolta sormontate da un arco. I loculi venivano chiusi con lastre in marmo o in laterizio, fissate con malta, su cui veniva inciso il nome del defunto. Nell’attigua chiesa da Don Roberto e Don Damiano è stata celebrata la Messa. Questo viaggio - in cui l’autista Marco ha condotto con sicurezza il pullman, curato affettuosamente, anche nei dettagli, da: Rosangela, Claudia, Gabriella, Rita - ha riservato molte emozioni, creando una condivisione autentica che si protrarrà nei giorni a venire.
COSTUME E SOCIETÀ - 05 novembre 2025, 11:08
Pellegrini valsesiani a Roma per il Giubileo della Speranza: un viaggio di fede, arte e condivisione
Pellegrini valsesiani a Roma per il Giubileo della Speranza: un viaggio di fede, arte e condivisione