A Guardabosone proseguono gli incontri mensili di: “Sapere condiviso”, in cui storici, medici, studiosi locali, affrontano argomenti di interesse collettivo. Le riunioni si tengono nel Salone Parrocchiale il venerdì, con inizio alle ore 17, e si concludono con un “aperitivo” a cura del gruppo “Sapere condiviso”. Venerdì 28 settembre Claudio Zaninetti, Presidente della Soms, ha introdotto il relatore: lo storico Claudio Martignon, postuese, conosciuto da tutti, sottolineando come in Valsessera abbondino gli uomini di cultura. Il tema dell’emigrazione è comune a molti paesi del territorio, ma l’emigrazione postuese ebbe caratteristiche che la contraddistinguono: molti emigravano verso la Francia ma tornavano in paese regolarmente, fino alla quinta generazione. Italo-Francesi o Franco-Italiens? Le due espressioni non coincidono ha spiegato Martignon, rifacendosi allo storico francese Pierre Milza, professore emerito presso l'Istituto di Studi Politici di Parigi, che si occupò della storia dell'immigrazione italiana in Francia: “Italo-Francesi coloro che ebbero continuità maschile e che portano ancora cognomi italiani, mentre Franco-Italiens sono meno riconoscibili perché la discendenza è per parte femminile e quindi il cognome è francese: si calcola che in Francia 3,5 milioni di francesi abbiano origini italiane”. Martignon ha ricordato come l’Italia sia stato un paese che fin dai tempi antichi ha accolto popolazioni ed etnie diverse, dai Celti ai Greci, fino all’unificazione operata dall’Impero Romano: “Dal 1876 al 1960 le statistiche certificano che partirono dall’Italia venti milioni di persone, che si sparsero nel mondo: in Europa ma spingendosi anche molto lontano, fino all’Argentina, al Brasile, agli Stati Uniti”. Molti postuesi che emigravano in Francia erano fabbri, professione legata alla presenza delle miniere di ferro, musicisti di strada, fisarmonicisti, violinisti, calzolai”. L’apertura del tunnel del Fréjus facilitò l’emigrazione oltralpe: “I biellesi andavano a Lione, dove c’erano tessiture e filature, dal meridione si spingevano in Lorena, in Belgio a lavorare nelle miniere, ricordiamo tutti la tragedia di Marcinelle. I postuesi e le genti di Guardabosone si diressero oltre il Rodano, a ovest, terre agricole, dove l’industrializzazione non si era ancora sviluppata”. Le motivazioni di queste scelte emersero nelle interviste coordinate dal Professor Valerio Castronovo per il progetto “Biellesi nel mondo”: “Preferivano spazi aperti, con migliori condizioni igieniche rispetto alle periferie urbane”. Martignon ha raccontato la storia di postuesi che fece fortuna con il cemento, materiale “performante”: “Tre fratelli si spartirono il mercato tra Austria, Nord della Francia e Ovest, facendo fortuna. La Maison Novello a Tours, fondata nel 1872, si ampliò progressivamente aprendo molte succursali nelle principali città francesi”. Altri postuesi si spostarono in Friuli a imparare l’arte del mosaico, allora decorazione molto in voga. Si parla di une émigration réussie: queste persone aveva fatto successo si erano inserite nel paese ospitante ed erano rimasti italiani, quindi nel 1915 tornarono in Italia per combattere nella prima guerra mondiale. Dopo la guerra l’emigrazione riprese, ma in modo minore, alcuni antifascisti del nostro territorio perseguitati trovarono rifugio in Francia, creando nuclei di resistenza all’estero. Il momento più difficile fu quando Mussolini dichiarò guerra alla Francia, che era già invasa dai tedeschi, mettendo in grave imbarazzo milioni di italiani che di colpo erano diventati per i francesi dei nemici. Dopo la fine della guerra gli italiani in Francia gli italiani si fecero naturalizzare, ma non dimenticarono il loro paese d’origine, facendosi portatori di forti sentimenti di identità e di appartenenza, si assimilarono alla civiltà francese, molti francesi tornavano regolarmente a Postua dove avevano mantenuto le case. Tra queste persone nel 1959 nacque l’idea di radunarsi almeno una volta l’anno e si ritrovarono in centinaia. Da allora la tradizione continua: “Quest’anno all’annuale raduno eravamo centosessanta”. Martignon ha concluso ricordando che il principale elemento che ha favorito l’integrazione era stato il senso di responsabilità, tradottosi nel «dovere di adeguarsi alle regole e di rispettare le istituzioni del Paese che offriva a loro e alle loro famiglie una vita migliore. I nostri antenati con la loro formazione scolastica, con le loro capacità professionali, con il loro spirito d’iniziativa, hanno ricavato benefici economici per sé stessi ma hanno anche creato ricchezza per le città e le regioni dove avevano fondato le loro imprese. Malgrado la necessità di inserirsi in una società che non era la loro, malgrado la difficoltà della lingua e i rapporti non sempre facili con le autorità o la concorrenza locale, hanno saputo adattarsi e imporsi alla nuova realtà. Hanno lavorato sodo e messo in pratica arte di pazientare prima di reclamare favori, riportando poi quel successo da tutti riconosciuto». Un pubblico numeroso e attento ha seguito la conferenza, partecipando alle vicende narrate di cui molti erano protagonisti diretti o indiretti.
EVENTI - 03 dicembre 2025, 11:02
L’emigrazione postuese raccontata a Guardabosone: successo, identità e memoria collettiva
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