Ogni dicembre, tra luminarie, panettoni e bilanci personali, torna puntuale una delle espressioni più ricorrenti nella cronaca finanziaria: “rally di fine anno”. Un fenomeno che affascina investitori e commentatori, spesso circondato da un’aura quasi mitica. Ma di cosa si tratta davvero? E soprattutto: ha senso prenderlo come bussola per decidere come investire?
Cos’è, davvero, il rally di fine anno
Con “rally di fine anno” si indica la tendenza dei mercati azionari a registrare performance positive nelle ultime settimane dell’anno, in genere tra Natale e i primi giorni di gennaio. Non è una regola scritta nella pietra, ma una ricorrenza statistica: in molti anni i listini hanno chiuso dicembre in rialzo, talvolta con accelerazioni significative.
Le origini di questo effetto sono molteplici: in parte è dovuto alla psicologia, con un clima più ottimista che porta gli investitori a prendere un po’ più rischio, in parte è dovuto a fattori tecnici: in questo periodo si concentrano alcuni meccanismi tipici dell’industria finanziaria — ribilanciamenti di portafoglio, sistemazioni dei bilanci di fine anno, minore liquidità per via delle ferie degli operatori.
C’è poi un aspetto fiscale, soprattutto nei mercati anglosassoni: nelle ultime settimane dell’anno molti investitori vendono posizioni in perdita per compensare i guadagni ottenuti (il cosiddetto tax-loss harvesting). Terminata questa fase, alcuni ricomprano i titoli, contribuendo a spingere nuovamente le quotazioni.
Il risultato è che, almeno storicamente, dicembre è stato spesso (non sempre) un mese favorevole.
Nel 2024, per esempio, è stato negativo.
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