C’è un “teatro” che non chiude mai: non ha biglietteria, non fa tournée ufficiali, non lascia locandine. Entra nelle case con una telefonata, si presenta con una voce sicura e un copione collaudato. E, a giudicare dalle cronache degli ultimi mesi, cambia maschera con disarmante facilità: oggi “poliziotto”, domani “maresciallo”, dopodomani “figlio” o "nipote" che ha fretta e bisogno di soldi “subito, adesso, immediatamente!”.
Purtroppo non si tratta di una commedia: è un fenomeno criminale che fa leva su un meccanismo umano elementare e potentissimo — la paura per i propri cari, l’urgenza, il senso di colpa — e lo trasforma in una leva per spostare denaro e ricordi (gioielli, fedi, piccoli tesori di famiglia) dalla parte sbagliata.
Una parte consistente dei casi riguarda sedicenti carabinieri o poliziotti. Uniformi invisibili, ma voce sicura. L’autorità viene evocata come una formula magica: basta pronunciare un grado, un ufficio, un “protocollo”, e improvvisamente anche l’assurdo diventa plausibile. È una truffa che funziona perché sfrutta il rispetto — a volte quasi reverenziale — verso le istituzioni. Un paradosso amaro: chi dice di “proteggere” è spesso chi sta rubando.
Un altro filone ricorrente è quello dell’emergenza familiare: incidenti, problemi giudiziari, questioni da risolvere “prima che sia troppo tardi”. Qui non serve essere convincenti, basta essere rapidi. La logica è sospesa, sostituita dall’istinto di protezione. E mentre il cuore accelera, il portagioie diventa un bancomat emotivo.
In alcuni casi il truffatore non indossa nemmeno la maschera dell’autorità, ma quella dell’affetto. Il “figlio” o il “nipote” che chiama e chiede aiuto. Qui l’inganno è ancora più subdolo, perché entra in uno spazio intimo, privato, fatto di fiducia e abitudini. È la truffa che meno fa rumore, ma che lascia più segni, perché non colpisce solo il patrimonio, ma la serenità domestica.
Una tecnologia moderna usata con metodi antichi, ma con una vigliaccheria senza tempo.
Accanto alla cronaca, emerge anche un fronte istituzionale sempre più attivo sul tema della prevenzione, con campagne informative e iniziative mirate. Segno che il problema è riconosciuto, ma soprattutto che può essere contrastato. Perché, a ben vedere, il truffatore teme una sola cosa: una persona che non si vergogna di dire “aspetta”.
Vademecum anti-truffa: 10 strategie per fare le pernacchie ai malviventi
- Se c’è urgenza, fermati
L’urgenza è spesso costruita: respira e prenditi 60 secondi.
- Non consegnare mai soldi o gioielli a sconosciuti: nessuna forza dell’ordine te li chiede.
- Richiama un numero certo: se parlano di un parente, chiama quel parente (sul numero che hai già).
- Chiama subito il 112: specialmente se la telefonata è sospetta o se qualcuno si presenta alla porta.
- Non comunicare indirizzo, abitudini, presenza di valori in casa: sono informazioni “operative”.
- Non restare in linea per “istruzioni”: chi vuole aiutarti davvero non ti impedisce di verificare.
- Fai una parola d’ordine di famiglia: una frase concordata che solo i vostri conoscono.
- Se si presentano alla porta non aprire: parla attraverso lo spioncino o da una finestra, e chiama aiuto.
- Racconta sempre l’episodio: a un familiare, a un vicino, alle forze dell’ordine, la rete sociale è difesa.
- Denuncia, anche se ti senti in colpa: la responsabilità è di chi truffa, non di chi si fida.