CRONACA - 24 novembre 2021, 09:25

Ritardato versamento delle imposte: chiesti 6 mesi per Giancarlo Cerutti

Alle ultime battute il processo nei confronti dell'imprenditore: dalla difesa richiesta di assoluzione

Ritardato versamento delle imposte: chiesti 6 mesi per Giancarlo Cerutti

Ritardato versamento delle imposte: chiesti 6 mesi per Giancarlo Cerutti

Sei mesi: è la condanna chiesta dal pubblico ministero per l'imprenditore Giancarlo Cerutti, finito a processo, davanti al Tribunale a Vercelli, per il mancato versamento entro i termini di imposte per oltre 2 milioni 200 mila euro. Somme che, in uno dei momenti di massima crisi di liquidità delle Officine Meccaniche Cerutti, sarebbero stati destinati al pagamento delle maestranze e dei fornitori in vista di un piano di rilancio del gruppo.

Nessun dubbio, secondo l'accusa, sul fatto che la responsabilità penale sia provata: le imposte dovute vennero parzialmente versate dopo l'approvazione di un piano di risanamento da parte delle banche ma i pagamenti di interruppero con la nuova e definitiva crisi aziendale e la domanda di concordato preventivo per l'azienda. I particolare, secondo la Procura, non ci sarebbero gli estremi dello "stato di necessità" che avrebbe potuto portare alla richiesta di un'assoluzione.

Del tutto opposta la ricostruzione dei legali di Cerutti, gli avvocati Roberto Scheda e Giuseppe Iannacone, che hanno invece chiesto l'assoluzione «perché il fatto non costituisce reato», ricordando non solo la lunga e prestigiosa storia aziendale di un'impresa che ha rappresentato l'eccellenza del made in Italy e un esempio virtuoso di rapporti sindacali: «Non si può mettere sullo stesso piano chi consapevolmente non versa i tributi a chi non ha la disponibilità di versare», ha detto Scheda.

Citando alcune sentenze di assoluzione pronunciare nei confronti di imprenditori che si erano trovati in situazioni simili, Iannacone ha ricordato come il piano di risanamento fosse stato approvato da advisor di primo piano del mondo economico e bancario. «Persino la Guardia di Finanza ha testimoniato in aula che l'azienda voleva pagare i tributi non versati. La crisi dell’impresa non era ascrivibile a una colpa dell’imprenditore - ha concluso il legale -, le imposte non versate vennero utilizzate per pagare fornitori e dipendenti, l'imprenditore si impegnò con ogni mezzo a sua disposizione per un piano di rilancio e prosecuzione dell'attività. Tutti questi elementi dimostrano l'assenza del dolo e devono portare a una sentenza di assoluzione».

La sentenza del giudice Enrica Bertolotto è attesa per i primi giorni di dicembre.

redazione Vercelli

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