Sabato 11 maggio, nella Sala Conferenze della Biblioteca, a Palazzo Racchetti è stato presentato il romanzo: “Dolce acqua”, pubblicato da Garzanti, scritto da Laura Martinetti, architetto che vive e lavora a Torino e Manuela Perugini, avvocato, di origine torinese, ma che vive e lavora a Milano.
“Io ho mille ricordi del Baraggiolo”: questa frase di Aristide Torri, Presidente del Consiglio di Biblioteca, esprime bene il clima che regnava nella Sala Conferenze, con il pubblico venuto per conoscere le autrici ed ascoltarle, ma anche per condividere i propri ricordi. E’ stato un fluire di memorie personali e documentarie, che hanno fatto rivivere le due donne protagoniste del romanzo: “Dolce Acqua”, ma anche l’ultima dei Fuselli: Dirce, rievocata attraverso le parole affettuose di Silvio Brentazzoli, che ne ha sottolineato l’attaccamento a quel luogo e a quella storia: “Dirce era una donna con un forte senso della famiglia, che si è battuta per tornare al Baraggiolo e ci è riuscita”. Il Maestro Arturo Pugno, Presidente Onorario dell’Associazione Pescatori, ha anticipato un capitolo del suo libro sulla pesca, di prossima uscita, intitolato proprio: “La trota del Baraggiolo”, in cui narra emozionalmente il duello rocambolesco con una trota di oltre dieci chilogrammi: “La vègia”, ricordando anche come il fratello Giovanni, che oggi ha centouno anni, portasse in bicicletta, da Varallo al Baraggiolo, il pane e i grissini del premiato Panificio Pugno. Per Aristide Torri, che ha frequentato il Baraggiolo per pescare, ma anche professionalmente per la divisione dei terreni e per la realizzazione della diga per la Manifattura Rotondi, le due sorelle Fuselli, chiamate affettuosamente “le Baraggiole”, erano ragazze brillanti, corteggiate dai più ricchi giovanotti di Varallo, che le aspettavano al di là dal ponte con l’automobile: “Molti anni dopo, Laura, ormai rimasta sola, si fece silenziosa, ma sempre piena di attenzioni verso i clienti che attraversavano quel ponte, in un passaggio dall’urbano alla natura antropizzata”.
Le due autrici, entusiaste per l’accoglienza riservata loro a Varallo, hanno ricordato che questo è un romanzo di formazione con uno sfondo storico, che percorre lungo tutto il Novecento: “La storia d’Italia scorre come l’acqua del Mastallone: due guerre, il boom economico, la Torino degli anni di piombo: tutto guardato da un angolo visuale molto particolare, con il Sacro Monte che ricongiunge i destini delle quattro donne protagoniste”.
Tutti i luoghi del romanzo sono bagnati dall’acqua: fiume, lago, mare, metafora dell’eterno fluire della Vita, è un libro familiare e della memoria, nato dal desiderio delle due autrici di riscoprire le donne che le hanno precedute, i loro desideri, le loro vite, al di là dei ruoli di madri, mogli, zie: “Per scriverlo a quattro mani abbiamo scavato nella memoria, recuperato vecchie fotografie, ritrovato articoli di giornale e frammenti di corrispondenza, custoditi in cassetti mai più aperti da anni, e siamo venute anche qui, per respirare l’aria del luogo, entrare nello spirito del tempo”.
Nel libro è chiamata “scocciatura”, ma in medicina viene definita “sinestesia specchio-tattile” quella capacità di sentire, attraverso il contatto visivo, le sensazioni provate dalle altre persone, i tagli, le ferite, le tensioni, ma anche il piacere. Laura aveva questa dote, che certo le derivava anche dall’aver vissuto a contatto con la natura, in maniera solitaria. Era una donna misteriosa, con un alfabeto simbolico, che comprendeva molte cose e sapeva lenire le ferite dell’anima. Agnese Pugno ha impresso il ricordo di una delle due ragazze che passava per Varallo in bicicletta recando un enorme mazzo di fiori da portare al camposanto, sulla tomba dei genitori: “Era un quadro impressionista”, o piuttosto l’immagine di una vita che non aveva potuto sbocciare e si consumava tra i ricordi?
Il libro è appassionante e merita di essere gustato dalla prima all’ultima pagina.