CRONACA - 04 giugno 2024, 12:40

Valduggia: il ricordo di Carlo Barlassina

Valduggia: il ricordo di Carlo Barlassina.

Valduggia: il ricordo di Carlo Barlassina.

John Donne, il poeta inglese che visse a cavallo tra Cinquecento e Seicento, scriveva: “Nessun uomo è un'isola, completo in se stesso; ogni uomo è una parte del tutto. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell'umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te”.  Il suono delle campane ha scandito per anni la vita e la morte delle persone: così è stato per Carlo Barlassina, ma quei mesti rintocchi sono giunti troppo presto, e lasciano un vuoto grande, in cui l’eco si perde in un silenzio assordante.

La storia personale di Carlo si intreccia con quella della sua famiglia, che era la sua forza. Nel 2003, dopo seicento anni esatti, ventisei generazioni, trentacinquemila campane che andarono in tutto il mondo, i Mazzola chiusero la storica attività di fonditori di campane: Carlo, con la moglie Gisella, acquistò il sito della fabbrica di campane di Achille Mazzola e cominciò a raccogliere materiale sulla storia delle campane. L’antica fonderia di campane fu trasformata in uno straordinario museo, che oggi ospita anche molte mostre, collaborando attivamente con Enti e Associazioni. Il Lions Club Valsesia il 6 giugno 2023 aveva organizzato per i soci un incontro al Museo delle campane di Valduggia. Nel Museo Domenico Manachino, Presidente della LILT, Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori di Vercelli e Loretta Caliman, invitati da Maria Costagliola Auteri, Presidente LILT di Borgosesia, avevano tenuto una conferenza sulla prevenzione e sugli screening del tumore mammario, seguita da una mostra collettiva: “Emozioni di donna”. La scelta di ambientare delle mostre di arte contemporanea nel Museo antica Fonderia di Campane Achille Mazzola, non è casuale: è un luogo dove il lavoro manuale era importante, ma si doveva coniugare con l’intelligenza e con il cuore.

Carlo accoglieva i visitatori, illustrava il Museo e le antiche modalità di produzione tramandate nei secoli, come se fosse la prima volta, con lo stesso entusiasmo e passione: traduceva un’emozione in un viaggio nel tempo che conduceva molto lontano, fino agli inizi del Quattrocento, quando in questo paese nacque una proto-fonderia, fondata dalla famiglia Mazzola, originaria di Soriso, giunta a Valduggia per sfruttare l’ampia disponibilità di legno per alimentare i forni, caolino e argilla, elementi fondamentali per costruire gli stampi delle campane. Gli brillavano gli occhi quando parlava del Maestro Gaudenzio, che pare avesse ispirato alcuni fregi di gusto rinascimentale, che abbelliscono le campane Mazzola. Nel febbraio 2023 aveva completato un altro tassello del suo sogno: si era ufficialmente costituita l'Associazione: "Amici Museo Achille Mazzola", della quale fu subito eletto Presidente. Era nata con la finalità di promuovere la cultura campanaria nel mondo giovanile, diventare luogo d’incontro e di aggregazione, sede di conferenze, concerti, seminari, corsi di campane per bambini e ragazzi: oggi conta già più di cento associati, ed è stato il primo passo per passare da collezione privata a Museo vero e proprio.

Carlo era uomo di pace, amava sottolineare che nel 1922 dalla Fonderia di campane Achille Mazzola di Valduggia venivano fuse cinque campane in Do3 per Velo D’Astico, in provincia di Vicenza, utilizzando il bronzo dei cannoni della Serenissima, trasformati da strumenti di guerra a strumenti musicali.

Nell’incipit del racconto di Charles Dickens: “Le campane”, uno dei più felici che mi sia capitato di leggere, vengono “raccontate” le campane, dialoganti con il gelido vento della notte di Capodanno: “In cima alla guglia di una vecchia chiesa, molto al di sopra di luci e mormorii della città e molto al di sotto delle nubi fluttuanti che le fanno ombra, è il posto sinistro e pauroso di notte; e in cima alla guglia d'una vecchia chiesa stavano le campane di cui voglio raccontarvi. Erano vecchie campane, credete. Secoli fa quelle campane erano state battezzate da vescovi; talmente tanti secoli fa, che il registro del battesimo è andato perduto molto, molto tempo prima di qualsiasi memoria d'uomo e nessuno ne conosce i nomi. Avevano avuto padrini e madrine quelle campane e avevano avuto senza dubbio anche le loro coppe d'argento. Ma il tempo ne aveva falciato i padrini ed Enrico VIII ne aveva fuso le coppe; ora pendevano senza nome e senza argento nella torre della chiesa. Non però senza parola. Al contrario, avevano una voce chiara, robusta, allegra, sonante quelle campane, e si facevano sentire col vento a grande distanza. Per di più erano campane troppo ostinate per dipendere dal piacere del vento, giacché combattendo valorosamente contro di lui quando si lasciava prendere da un capriccio contrario versavano con prodigalità regale le loro note gioiose negli orecchi in ascolto”. Le campane di Carlo per me sono queste: riscoperte dall’oblìo, forti, vigorose, che non si sono negate all’uragano della malattia, hanno continuato a battere i loro rintocchi, per dare coraggio a chi gli stava vicino e rischiava di smarrirsi in un dolore troppo grande. Suoneranno per sempre così, segneranno l’inesorabile fuga del tempo, lo scorrere irrefrenabile degli anni, ma si caricheranno della magia di un’Amicizia sincera e disinteressata, iniziata per caso, frequentando l’allora Delegazione FAI Valsesia: Carlo solitamente sedeva in fondo alla sala della sede in Villa Barbara, ascoltava molto, interveniva con osservazioni pacate, offrendo sempre la sua disponibilità.

L’apertura straordinaria del Museo con una simulazione dell’attività, nel 2013, in occasione delle Giornate di Primavera del FAI, richiamò più di milleduecento visitatori. Candidato ai “Luoghi del Cuore” del FAI, con oltre diciassettemila voti, il Museo si è classificato undicesimo su trentottomilaottocento candidati e secondo a livello nazionale nella Sezione Borghi Italiani, al di sotto dei cinquemila abitanti, premiato con un contributo di ventiduemila euro, che verrà utilizzato per la realizzazione di un carillon didattico di nove campane fuse con la stessa tecnica dei Mazzola e decorate con i fregi e la sagome originali conservate nel Museo, per insegnare ai giovani l’arte campanaria.

Gisella e i suoi figli, Lorenzo e Alessandro, sono molto determinati nel voler proseguire l’opera avviata da Carlo e certo le persone che l’hanno conosciuto ed apprezzato saranno al loro fianco.

La campana più antica, risalente al 1475, si trova a Luzzogno e reca la caratteristica “M” sormontata da una stella, il “logo” dei magistri campanari Mazzola: quella stella calda e luminosa Ti avrà guidato lassù, dove Ti attendeva uno scampanìo festoso. Grazie per la Tua affettuosa semplicità e per il Tuo coraggio, esempio prezioso di dignità.

C.S. Piera Mazzone, G. Ch.

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