COSTUME E SOCIETÀ - 24 settembre 2025, 11:56

Salutando Piero Ferrarotti

Salutando Piero Ferrarotti

Salutando Piero Ferrarotti

Improvvisamente una Persona che conoscevi se ne va: lascia un vuoto. Piero Ferrarotti, artista, fotografo, uomo di teatro e la moglie Isabella, architetto e chef, sono stati i titolari dell’osteria «Il Gufo di pietra», che aveva fatto rivivere quel breve tratto degli antichi portici che affiancano Via Parrocchiale. I gufi volano senza emettere un suono, si spostano principalmente di notte sfruttando l’oscurità per cacciare. Queste creature notturne, avvolte nel mistero, sono da sempre simbolo di profonda saggezza, sono il nostro legame con l’aspetto più enigmatico della natura. Da un lato, come animale notturno, il gufo rappresenta l’oscurità, il mistero, la paura e l’Aldilà; dall’altro, simboleggia la saggezza per la sua capacità di vedere attraverso le tenebre, proprio come la ragione e la conoscenza illuminano ciò che ancora ci sfugge. Piero e Isabella avevano intitolato al gufo il loro locale, aggiungendo un’ulteriore caratteristica: la pietra, simbolo di solidità, resilienza, capacità di non farsi travolgere dal tempo. L’interno era piccolo ma suggestivo, arredato con i vecchi tavoli, le panche alle pareti, ma quello che colpiva erano gli scaffali: contenevano centinaia di libri, intercalati da bottiglie di vino d’annata, a suggerire che i due piaceri si uniscono. Alle insuperabili pasta cacio e pepe, pasta alla gricia e ai saltimbocca alla romana di Isabella, si intrecciavano i più spariglianti discorsi di letteratura e di arte, perché Piero era di una sincerità disarmata e disarmante, oltre che essere un grande anfitrione che faceva sentire a casa i suoi ospiti. Poteva accadere persino di dimenticare di pagare il conto!

La Vita invece a Piero ha saldato il conto troppo presto, quando aveva ancora tanti progetti, tante cose da dire e da dare. Ricordo che a settembre dell’anno scorso, il 29 settembre, come nella canzone omonima scritta da Mogol e Lucio Battisti e portata al successo dall'Equipe 84 nel 1967: “Seduto in quel caffè / Io non pensavo a te / Guardavo il mondo che / Girava intorno a me…” era stata inaugurata la mostra d’Arte di Piero fotografo: “Maschere”, ispirata da una poesia inedita di Alda Merini. Piero si rapportava alla poetessa, cercava di interpretarne il volto: “vedeva le cose che nessuno vede”, coinvolgendo il pubblico in una straordinaria esperienza artistica a quattro mani: due per l’inchiostro e due per “scrivere con la luce” secondo l’etimologia greca di fotografare. Quella mostra proseguiva il lavoro sulle “maschere” avviato con l’esposizione alla II Biennale d’Arte Contemporanea Città di Varallo, si trattava di fotografie stampate su lastre di alluminio in cui le maschere servivano a nascondere. Benedetto Mandrone, Benny, artista e critico d’arte, oltre che amico di Piero, con il quale intavolava interminabili discussioni sul senso dell’arte, invitò a riflettere su questo nuovo e singolare uso dell’immagine fotografica per rappresentare un’identità straordinaria, attraverso il simbolismo della maschera declinata in RGB, i colori primari: red, green, blue, aggiungendo ciano, magenta, giallo e nero per rappresentare i sentimenti dei quali le maschere sono portatrici: “Oggi noi utilizziamo tutti i giorni la maschera che è la tastiera, maschera digitale per comunicare con una maschera virtuale.

L’anno precedente, il 29 ottobre, era stata inaugurata la mostra “Polaris”, prima personale del giovane promettente artista Gabriel Croso, che sta terminando il corso di studi all’Accademia Unidee - l’accademia di Fondazione Pistoletto a Biella- dove ha vissuto a contatto con le più attive ricerche artistiche e sulla sostenibilità, con un approccio internazionale proposto da professori all’avanguardia, che trasformano ogni studente in un attore del cambiamento, con un bagaglio culturale ed umano unico.

Piero, Presidente dell’Associazione Culturale Guf’Art, ha sempre manifestato interesse per la cultura e le arti, affidando ai giovani il futuro che appartiene a loro, nella certezza che ognuno può cambiare un pezzetto del mondo che non condivide, lasciando un posto migliore. Questo dovere etico si concretizzava in presentazioni di libri, mostre, dibattiti, ma anche nella decisione, presa all’inizio di quest’anno, di separarsi dai suoi amati libri, da quelle prime edizioni, dalle edizioni singolari che circolarono pochissimo, da autori amati come Bukowski, per donarli alla Biblioteca di Varallo. Arrivava carico di borse che portava su al primo piano, li tirava fuori uno ad uno, mi parlava dei suoi “tesori”. Non capii che quello era un vero e proprio passaggio di consegne: mi nominava custode di questo singolarissimo patrimonio bibliografico. Grazie Piero per la tua fiducia, ora il dolore non ti avvilisce più: sei nuovamente Libero.

Piera Mazzone

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