COSTUME E SOCIETÀ - 17 ottobre 2025, 10:02

Venerdì 17: porta davvero sfortuna?

Ecco la storia di questa superstizione popolare che prosegue da secoli

Una delle capuzzelle portafortuna, a Napoli

Una delle capuzzelle portafortuna, a Napoli

Venerdì 17 ottobre, per gli scaramantici, si prospetta una lunga giornata in cui ci sarà da toccare ferro. Per quanto riguarda il venerdì 17, partiamo dall’inizio. Da dove nasce questa superstizione? Vediamo di scoprirne qualcosa in più.

L’anagramma romano di morte

Secondo alcuni, le origini della credenza legata al venerdì 17 come giorno “iellato” risalgono all’antica Roma: il 17 in numero romano XVII anagrammato è VIXI, che in latino significa “Ho vissuto”, inteso anche come “La mia vita è finita”, presagio di sventura o morte.

Dal Vecchio al Nuovo Testamento

Ma c’è chi ritiene che l’idea di considerare il 17 come numero sfortunato sia religiosa. Nell’Antico Testamento, infatti, si racconta che il diluvio universale avvenne il 17 del secondo mese. Per quanto riguarda l’associazione del numero 17 con il giorno di venerdì è presto detto: per i credenti Gesù è morto in croce proprio di venerdì.

I pitagorici e la battaglia di Teutoburgo

Ma molti legano la superstizione del venerdì 17 alla tradizione ellenistica. Nell’antica Grecia infatti i pitagorici disprezzavano questo numero perché si trovava fra il 16 e il 18, due numeri considerati la pura rappresentazione dei quadrilateri 4×4 e 3×6. Non solo: il 17 nella cultura latina fa riferimento alla battaglia di Teutoburgo, avvenuta nel 9 d.C., dove i romani si scontrarono con i germani di Erminio. In quella battaglia le legioni XVII, XVIII e XIX vennero distrutte e a quei numeri venne associata morte e sventura.

La smorfia napoletana e l’eccezione della Cabala

La sfortuna del 17 è stata confermata anche dalla smorfia napoletana, secondo cui il numero sarebbe legato alla disgrazia. Unica eccezione sembra essere la Cabala, dove invece il 17 ha una funzione benefica, poiché nasce dalla somma numerica delle lettere ebraiche têt (9) + waw (6) + bêth (2). Queste, una volta lette, creano la parola tôv, che vuol dire “buono, bene”.

E negli altri Paesi?

Solo in Italia si ritiene che la coincidenza di venerdì con il numero 17 porti sfortuna, in altri paesi occidentali come Stati Uniti, Finlandia, Regno Unito si dice che il giorno “iellato” per antonomasia sia il venerdì 13.

Peggio venerdì 13 o 17?

Il venerdì 17 si trova però in buona compagnia. Nella lista dei giorni “sfigati” c’è infatti anche il 13, considerato sfortunato, perché situato dopo il 12, numero che rappresenta la perfezione ed è considerato magico. Basti pensare ai 12 segni zodiacali, 12 dei dell’Olimpo, 12 apostoli, 12 mesi dell’anno.

Il calendario dei giorni nefasti

Quanto al venerdì, forse è considerato infausto, perché Cristo fu crocifisso e dunque morì in quel giorno.

Per alcuni studiosi, invece, è infausto perché è il giorno in cui Adamo ed Eva mangiarono il frutto proibito dell’Albero della Conoscenza, così come il giorno in cui Caino uccise suo fratello Abele. Senza contare che il tredici è associato alla rivolta di Lucifero.

La distinzione tra giorni positivi e negativi era già nota alla tradizione romana, dove si distingueva fra dies fasti (in cui si poteva amministrare la giustizia) e nefasti. Il martedì era “sfortunato” tra i romani, perché dedicato a Marte, dio della discordia. Allo stesso modo, si credeva che i figli concepiti di venerdì avrebbero avuto una vita difficile e che gli anni bisestili che cominciavano in questo giorno sarebbero stati catastrofici.

Paese che vai, usanza che trovi, per cui se nei paesi di lingua inglese, francese o portoghese, ma anche in Germania, Finlandia, Olanda, Belgio, Polonia, Danimarca, Svezia, Norvegia il giorno più temuto è il venerdì, nei paesi latini si incrociano le dita per il martedì. In Italia, nel dubbio, si sospetta di entrambi. Come dice il proverbio: «Né di Venere, né di Marte, né si sposa né si parte, né si dà partito all’arte». 

Antidoti alla sfortuna

Si sa, a Napoli tutti temono la sfortuna ed è per questo che in Vico del Fico al Purgatorio (noto per l’episodio “Il professore” del film L’oro di Napoli del 1954, il nome del vicolo farebbe riferimento alla presenza di alberi del fico a Napoli e all’amore dei napoletani per questo frutto), si trova un’opera di Lello Esposito che rappresenta la testa di Pulcinella. Si tratta di una statua in bronzo e osservandola bene capirete subito cosa dovete toccare. Il suo naso luccica per il grande successo che ha avuto tra i napoletani e i turisti che spesso passano di qui in cerca di un po’ di fortuna, un po’ come Giulietta a Verona, i genitali del toro a Torino o il porcellino a Firenze per intenderci.

Continuiamo a parlare di fortuna, o meglio di antisfiga. Proprio davanti alla statua di Pulcinella, in via dei Tribunali 39, sorge il complesso di Santa Maria delle Anime del Purgatorio del 1604, chiamata anche la chiesa de “e cape e morte”, perché dedicata al culto delle “anime pezzentelle” (un antico culto che consisteva nell’adottare un teschio, ripulirlo, porlo in un altarino e pregare per lui per agevolargli il passaggio dal Purgatorio alla Salvezza in cambio di protezione). Davanti alla chiesa ci sono tre teschi lucidi che riflettono la luce del sole. Beh, quelle sono le capuzzelle antisfiga e dietro di loro si nasconde una leggenda.

La storia narra che nell’anno 1900 un uomo, promesso sposo ad una ricca ereditiera, andava per tutta la città, invitando chiunque al proprio matrimonio. Arrivato davanti al Complesso Museale Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, trovò tre teschi e negli occhi di uno di loro infilò il suo bastone dicendo: «Anche tu sarai invitato al mio matrimonio», dopo di che l’uomo continuò a passeggiare e invitare chiunque. Finalmente il gran giorno arrivò e, poco dopo l’uscita dalla chiesa, una figura con un mantello e il volto coperto si avvicinò allo sposo, gli mise la mano sulla spalla e lui morì d’infarto. Da quel momento in poi, chiunque passi per la zona ha l’abitudine di accarezzare le capuzzelle, se non vuole che la sfortuna lo colpisca, perché come diceva Eduardo De Filippo: «Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male».

E voi, resterete chiusi in casa o affronterete la sorte (e le superstizioni)?

red.Torino, s.zo.

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