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In Breve

| 06 settembre 2020, 08:00

Valsesia magica e misteriosa: La pietra guaritrice del santuario di Sant’Euseo fra Bornate e Serravalle

A cura di Roberto Gremmo

Valsesia magica e misteriosa: La pietra guaritrice del santuario di Sant’Euseo fra Bornate e Serravalle

  Il santuario di Sant’Euseo é un imponente edificio religioso cristiano costruito secoli fa su un massiccio blocco roccioso fra Bornate e Serravalle, in prossimità del fiume Sesia.

    Il personaggio cui é dedicato non trova posto nelle usuali storie dei santi ma é molto venerato in tutta la Valsesia e nell’intera Diocesi novarese. Di lui esistono molte e suggestive tradizioni che ne elogiano la santità e l’incrollabile fede.

   In tempi molto lontani, Euseo sarebbe stato un povero calzolaio che viveva in eremitaggio sulla grande pietra non lontana dal corso d’acqua, pregando e lodando il Signore, finché un giorno di Carnevale una banda di giovinastri lo avrebbe obbligato a rompere il voto di probità e moralità costringendolo a seguirli nei loro bagordi e gozzoviglie ed il povero sant’uomo sarebbe morto di crepacuore per il dolore d’aver peccato.

    Sulla pietra dove Euseo sarebbe deceduto cadendo a braccia larghe verso il cielo, in pieno inverno sarebbero miracolosamente fioriti tre gigli usciti dal masso. 

    Per rendergli onore, i serravallini avrebbero voluto seppellirlo nella chiesa del cimitero di San Martino ma per ben tre notti il cadavere sarebbe tornato misteriosamente sul pietrone dov’era sempre vissuto e morto. Questo evidente segno soprannaturale doveva spingere i fedeli ad edificare nel Seicento il maestoso santuario proprio sul grande masso.

    Secondo uno studio pubblicato nel 1973 dall’autorevole etnologo Gustavo Buratti, Euseo sarebbe stato in realtà il capo d’una antica “badia” dei giovani valsesiani e la sua festa che cade proprio il giorno di Carnevale renderebbe omaggio ad un rito ancestrale ed iniziatico delle allegre compagnie paesane legate al culto delle selve e della natura, una devozione festosa che Buratti definisce “dla gòj, che a arbeuj ant ël sangh dël còrp coma la sava at j’erbo, e a mossa coma la primavera ant ij frisson ëd tuta la natura”, contrapposta alla religione ufficiale “dla penitensa e dl’obediensa. dla mortificassion”.

   Nel suo libro sulla “Valsesia Segreta” la compianta studiosa ed amica Rosella Osta Sella ricorda la suggestiva ipotesi che Euseo fosse di nobile lignaggio ed appartenesse alla famiglia Oseo o addirittura ne fosse il leggendario capostipite. Nello stemma della stirpe degli Oseo é raffigurato anche uno stivale che potrebbe ricordare, come una sorta d’insegna di mestiere, la professione di calzolaio del sant’uomo serravallese. 

    Sempre Buratti ricorda che l’acqua piovana rimasta in una fenditura della roccia dove si diceva che Euseo mettesse il cuoio a macerare “le fomne a van piela coma meisin-a”, le donne raccolgono l’acqua credendola medicamentosa. 

   Ancor oggi si possono vedere accanto all’imponente scalinata di recente costruzione che sale alla chiesa, una fonte fra alberi secolari ed una modesta gradinata che conduce di fronte ad una finestrella con un’inferriata.

  Dietro alle sbarre si può osservare una statua del santo mentre risuola delle calzature con accanto il dischetto di lavoro ma questa esposizione non deve ingannare, perché la piccola scalinata conduce in realtà ad un buco nella roccia, la cavità naturale del liquido salvifico; un’acqua piovana che in passato, come ricordava Osta Sella, veniva “persino portata via in bottigliette, come a Lourdes”.

   La statua del santo sposta un’antica devozione paganeggiante dalla pietra guaritrice che, poco più in là, é stata anche sfregiata con l’incisione d’una grossa croce. 

    Col pretesto di ricordare il giorno del ritrovamento del corpo senza vita di Euseo, la festa principale al santuario si é celebrata per secoli proprio ogni Martedì Grasso e solo di recente si é spostata al 15 febbraio aggiungendovi una particolare devozione alla Pentecoste quando il corpo d’Euseo sarebbe definitivamente stato traslato sul suo “ròch”. 

   Don Florindo Piolo nella sua “Storia del Comune di Serravalle” ricordava che “alla vigilia di Pentecoste, veniva acceso un gran fuoco, con legna raccolta precedentemente di casa in casa per tutto il paese e veniva acceso in cima al dirupo che sta a fianco del santuario e che da questo fuoco prende il nome di Falòr”.

Questo falò propiziatore é l’ultimo tassello d’una religiosità naturale che rende straordinario il sito dove vicino al Sesia su un massiccio blocco litico si venera la cavità guaritrice, ci si disseta ad una fonte perenne e si medita fra frondosi alberi secolari accendendo fiamme propiziatrici. E tutto questo in dei siti magici dove gli antichi, come ricordava Osta Sella, “celebravano i loro riti all’aperto, nei santuari delle acque, inclusi nella foresta primordiale, con acque, rocce ed alberi; luoghi carichi di energia tellurica; luoghi magici e di potere, dove accadevano prodigi e ‘miracoli’”.   

   Dove il sant’eremita Euseo abbarbicato alla sua roccia sembra davvero una specie di druido  dal potere magico e guaritore.

   Saremo grati a chi vorrà segnalarci realtà analoghe a quelle esaminate in questo articolo scrivendo a storiaribelle@gmail. Per approfondire questi argomenti segnaliamo un libro pubblicato da Storia Ribelle casella postale 292 - 13900 Biella.

 

Roberto Gremmo

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