Dopo l’edizione del 2007: “Il Sottile lume dell’Ospizio”, nel duecentesimo anniversario dell’apertura dell’Ospizio, che invece fu inaugurato ufficialmente dieci anni più tardi, nel 1833, Sandro Orsi ha pubblicato una nuova edizione integrata ed accresciuta: “L’Ospizio del Canonico”, che è stata presentata il 30 dicembre a Riva Valdobbia, nel suggestivo teatro della Società di Mutuo Soccorso e Beneficenza. Il volume, molto più che una monografia su un rifugio alpino, base di attività escursionistiche e alpinistiche, racconta duecento anni di storia valsesiana osservata dal “Sottile”, costruito sul colle Valdobbia a 2500 metri, che unisce la Valsesia alla Valle d’Aosta, ha un’introduzione di Pier Carlo Pera, ma è stata ripubblicata anche quella storica di Giovanni Turcotti, filosofo che definì il colle: “l’orlo di Dio”. Orsi riprende più volte passi del celebre romanzo di Dino Buzzati: “Il deserto dei Tartari”, che ha al centro la solitaria fortezza Bastiani, presidiata dal comandante Drogo, che presenta molte affinità con l’Ospizio costruito al Colle di Valdobbia.
Dopo i saluti istituzionali portati da Attilio Ferla - Assessore alla Cultura dell’Unione Montana e Consigliere del Comune di Alagna Valsesia, a nome del Presidente dell’Unione Montana Francesco Pietrasanta, del Parroco di Riva, Don Alberto, del Sindaco di Alagna, Roberto Veggi, della SOMS, rappresentata da Luciano Carmellino e Maurizio Andoli, e dei Sindaci dei Comuni che furono legati alla figura del Canonico Sottile: Campertogno e Rossa - l’autore, Alessandro Orsi, ha presentato questo suo nuovo lavoro che coinvolge e commuove per la partecipazione emotiva trasmessa nel raccontare la Valle in una memoria storica intessuta di valori montanari, con alcuni aspetti “eroici” legati all’emigrazione valsesiana in Svizzera e in Francia, che dal Seicento passava attraverso il Colle di Valdobbia, una sorta di “autostrada” delle Alpi, percorsa nella tarda primavera e all’inizio dell’autunno, quando le condizioni climatiche erano più a rischio di valanghe, tanto che la piana davanti all’Ospizio, dopo l’ennesimo incidente, era chiamata Piana dla Mort. Il Seicento è anche il secolo tristemente famoso per la peste che tante vittime causò in alta valle. Emerse la necessità di costruire un rifugio sul colle e il canonico Nicolao Sottile, nato a Lione da emigranti rossesi, prete progressista, che pagò duramente per le sue posizioni, se ne fece portavoce, seguendo personalmente i lavori, in contatto costante con Giacomo Carestia. Le Comunità della Valle contribuirono con grande generosità alla costruzione, che fu aperta ai viandanti nel 1823 e il Sottile potè vedere il compimento del suo sogno.
L’Ospizio salvò molte vite grazie ai custodi, dei quali il primo, Giacomo Clerino, è una sorta di leggenda. Il suo diario, riportato nel volume lo fa conoscere, prima come soldato napoleonico, poi come montanaro e infine eroico custode per trent’anni, salvando molte vite.
Il Colle Valdobbia fu attraversato dalla Legione Italica, composta da 2500 soldati italiani, al comando del Generale Lechi, a maggio con due metri di neve: le artiglierie vengono fatte passare legandole alle cortecce degli alberi, utilizzate come slitte.
L’Ospizio ha davvero vissuto molte vite: tra il 1873 e il 1874 divenne anche osservatorio meteorologico, conobbe momenti di splendore, ma anche altri molto tristi: tra le due guerre fu depredato, poi venne ristrutturato, e grazie a persone come Marino Carmellino, il custode della seconda metà del Novecento, riacquistò prestigio. Il Sindaco di Riva Valdobbia, Gianni Severina, si adoperò affinché l’Ospizio passasse da una gestione legata ad un’Associazione, al Comune di Riva, come avvenne alla fine del secolo scorso, garantendone la continuità.
Nel 2007 non ci fu nessuna domanda per la gestione dell’Ospizio: fu allora che iniziò una delle avventure più belle dello storico edificio: Orsi, preside del prestigioso Istituto Alberghiero, con il Professor Giorgio Anselmetti, il Professor Roberto Pogliano e altri collaboratori, si assunse l’incarico della gestione, inventando cose uniche. Non si era mai visto che una scuola potesse condurre un rifugio alpino a 2500 metri di quota. Per due mesi l’ospizio fu gestito con stages di ragazzi, sostenuti dall’Amministrazione Comunale e dalla Guardia di Finanza di Alagna, comandata da Roldano Sperindio. Roberto Pogliano, custode dell’ospizio per due anni con i ragazzi dell’Alberghiero, ha parlato di quell’esperienza “magnifica, impegnativa, stupefacente”, in cui si creò uno speciale rapporto tra i ragazzi e gli insegnanti in una “quotidianità” che ogni giorno cambiava, arricchita da un programma di serate a tema: “Fu rilanciata anche la Festa dell’Ospizio, il 12 agosto, anche se la sera prima erano scesi quaranta centimetri di neve fresca. Lo chef Anselmetti ideò menu ogni giorno diversi, che sorpresero gli ospiti i quali lasciarono giudizi entusiastici sul libro delle firme”. Nel volume un capitolo riporta proprio le ricette valsesiane all’Ospizio.
Orsi ha poi ricordato lo studente Matteo Calzoni, una “mina vagante”, straripante di energia che andava incanalata: gli si chiese di scrivere un diario delle giornate all’ospizio di cui alcune pagine sono state riportate nel libro. “Sembra quasi che l’ospizio chieda ogni secolo la vita di un custode: Clerino nell’Ottocento, Giacomino morto nel 1916 sotto una valanga, Matteo nel XXI secolo”: ha osservato Sandro Orsi, riferendosi al ragazzo caduto sulla Signal nel 2019.
Quei due anni furono anche un’esperienza di trasmissione di valori, in cui studenti di montagna e studenti di città di incontrarono, come nel caso del soggiorno dei ragazzi del Liceo Scientifico di Vercelli nei giorni in cui la Guardia di Finanza fece un’esercitazione che suscitò l’interesse e l’ammirazione di tutti.
In questo libro è stata inserita una vicenda che fece assurgere Riva Valdobbia alle cronache nazionali: nel 1978 l’Anonima Sequestri portò a Oro un ragazzo di diciassette rapito a Cinzano. Ma i maldestri rapitori furono scoperti, accerchiati da un imponente schieramento di Carabinieri, inviati dal Generale Della Chiesa, sorvegliati dall’alto dagli elicotteri, e l’ostaggio fu liberato. La persona di Riva che con molta ingenuità aveva offerto il supporto logistico dell’abitazione, scontata la pena tornò in paese dove visse i suoi ultimi anni da anacoreta.
Il libro racconta anche molte storie di viaggiatori e alpinisti, come la marchesa Artemisia De Mari, nobile genovese che salì al Corno Bianco, in onore della quale prese nome il Passo dell’Artemisia: “In realtà probabilmente” – aggiunge Orsi– “La marchesa non fu la prima donna a salire al Corno Bianco, perché le donne rivesi l’avevano preceduta, donne straordinarie che portarono su al colle le pietre per costruire l’ospizio”.
Il libro dedica le ultime pagine all’Associazione Culturale Walser Presmell, nata nel 2004, che valorizza la memoria locale, oggi presieduta da Roberta Locca, custode e guida del Museo Walser di Ca’ Rabernardo, che si occupa della pratica del riconoscimento UNESCO della cultura Walser. Attilio Ferla, che fa parte di Presmell, ha spiegato che l’Associazione a seguito della fusione tra il Comune di Riva Valdobbia e quello di Alagna Valsesia, avvenuta nel 2019, ha unito alla propria denominazione la dicitura: “Eco Museo della Valle Vogna”, che fa parte della rete degli ecomusei valsesiani, ricordando anche che Presmell pubblica una rivista dal titolo “Presmell – Pietre Gemelle” che aggiorna i soci sulle varie attività.
La serata si è conclusa con il tradizionale scambio di auguri.