Sabato 14 settembre a Romagnano, al MEV, Museo Etnografico della Bassa Valsesia, è stato organizzato il primo incontro dedicato a “L’anello del Nibelungo”, ciclo di quattro drammi musicali di Richard Wagner, caratterizzati da un continuum narrativo che si svolge nell'arco di un prologo e di tre "giornate". La narrazione è stata condotta dal Maestro Giorgio Tagliabue, direttore d’orchestra, musicologo, docente di Conservatorio e presidente uscente dell’Associazione Wagneriana di Milano, da molti anni agisce per diffondere la musica, la poetica, il messaggio filosofico, sociale ed esistenziale di Richard Wagner: “Un messaggio di pace, di amore, di compassione, di rispetto e di fratellanza tra tutti gli esseri che condividono la loro esistenza su questo nostro pianeta. In un mondo nel quale la bramosia di potere e di ricchezza dell’uomo sta mettendo a repentaglio l’intero ecosistema e la sopravvivenza stessa di molte specie animali, tra cui quella a cui esso stesso appartiene, una voce profonda ed imperiosa si leva nel mondo dell’arte, per lanciare, attraverso un sommo ed inarrivabile capolavoro artistico, un monito all’intero genere umano perché, rivedendo completamente il proprio ruolo, il proprio impegno e il proprio destino, ripensi al proprio passato, rifletta sul suo futuro e agisca per il suo presente”.
Tagliabue è autore del ponderoso volume: “Bayreuth 1876. Genesi di un mito”, “Scritto per amore di Wagner”, in cui racconta come nacque e si sviluppò questo ambizioso progetto musicale senza precedenti: “L’idea risale al 1848, anno di fermenti rivoluzionari in tutta Europa (ai quali lo stesso Wagner prese fisicamente parte al fianco dell'anarchico Bakunin); l'abbozzo prende quindi forma in un ambiente sociopolitico atto soprattutto a denunciare il sistema capitalistico e borghese che nel primo Ottocento cominciava ad affermare il suo monopolio sulle classi lavoratrici”. Tale denuncia è mascherata dalla connotazione mitica della storia, tratta dall'epopea tedesca del Nibelungenlied e dalle antiche saghe dell'Edda, cui Wagner attinse per rielaborare la trama del suo lavoro che ruota attorno ad un anello magico che conferisce il potere di governare il mondo, forgiato dal nano nibelungo Alberich con l’oro tolto alle Figlie del Reno, sottraendolo dalle acque del fiume. Wotan (signore degli dei), ruba l’anello ad Alberich con l’aiuto del dio Loge, ma è costretto a consegnarlo ai giganti Fafner e Fasolt in pagamento per la costruzione della dimora degli dei, il Walhalla, per non dover consegnare invece Freia, che coltiva per gli dei le mele d’oro che donano loro l’eterna giovinezza. I piani di Wotan per recuperare l’anello avranno come conseguenza una serie di eventi che porteranno all’infausta conclusione del Crepuscolo degli dei. <s></s>
Alberich è la personificazione del male assoluto, che sceglie il potere e rinnega l’amore: “Io maledico l’amore”, Wotan (l'Odino della mitologia nordica, il re degli dèi che dimora tra le nubi del Walhalla) gli si contrappone come figura inizialmente ambigua (ambisce anche lui alla potenza, inconsapevole artefice della propria rovina), in seguito sempre più conscio della necessità di rimediare, ma coinvolto nell'inevitabile caduta, fino al tragico crollo del suo stesso mondo, che offrirà le condizioni per la palingenesi e la conseguente creazione di un nuovo ordine cosmico. Tra di loro, gli eroi Sigfried e Brünnhilde, che dovrebbero rappresentare la luce della speranza e che invece cadono vittima della loro stessa innocenza. Solo Brünnhilde, all'ultimo momento, determinerà il riscatto delle colpe commesse, immolandosi nel grande incendio distruttore e riconsegnando l'anello maledetto alle limpide acque del fiume Reno, da dove Alberich l'aveva strappato.
Tagliabue ha segnalato la differenza di stile che intercorre tra L'Oro del Reno (scritto nel 1853) e Il Crepuscolo degli dei (terminato nel 1874), il primo ancora bilanciato tra canto e orchestra, con maggiore spazio al declamato, il secondo più evoluto nello spessore sinfonico e costituito da una polverizzazione continua di frammenti tematici: “Per contro, la stesura poetica risulta essere più arcaica nel Crepuscolo in quanto Wagner scrisse i testi a ritroso, cominciando dall'ultima giornata e procedendo all'indietro verso il prologo. Il Crepuscolo, infatti, denota ancora nella struttura poetica alcune impostazioni legate all'opera lirica convenzionale, poi bandite negli altri tre drammi”.
Wagner, tra gli artisti più discussi di tutti i tempi, è musicista, poeta, letterato, filosofo, colto ed erudito rivoluzionario, stregone, profeta, plagiatore, tiranno e avventuriero perennemente indebitato: “Il Ring è una straordinaria favola coinvolgente ed emozionante, che parla di noi, ci narra importanti atti e conseguenze di tutto ciò che facciamo. E’ un’allegoria di sconvolgente attualità, oltre che essere il più esteso dramma musicale della storia della musica”.
Durante la serata il Maestro ha commentato alcuni spezzoni dello spettacolo del Metropolitan, risalente agli anni Ottanta, che ebbe un cast d’eccezione, portando l’attenzione sul preludio: “Straordinario esempio di un assurdo musicale: centotrentasei battute, cinque minuti di musica con un solo accordo, mi bemolle maggiore, in cui genialità e pazzia convivono e si confondono”.
Lo stile della composizione inaugura la rivoluzionaria concezione teatrale di Wagner. La musica è composta da un mosaico fittissimo di motivi conduttori - melodie associate a cose, personaggi e stati d'animo che, col loro continuo riapparire, formano il tessuto fondante della partitura, costituito da aggregazioni sempre vitalmente cangianti.
“Quando ci fa riascoltare l’eco della maledizione di Alberich, che grava su tutti noi che assaporiamo, assieme a Wotan, il gusto del potere e non intendiamo rinunciare all’anello che ce lo dona, quello è il momento nel quale la voce di Wagner risuona potente come un lacerante monito contro la prepotente barbarie che ci assedia e la sua opera diviene il potente antidoto del quale abbiamo bisogno, sia le vecchie che le nuove generazioni, per opporre un nostro personale rifiuto al lento e quotidiano avvelenamento col quale una civiltà del potere sta uccidendo il nostro spirito, prima ancora dei nostri corpi, e quel meraviglioso ambiente nel quale essi trovano unica e sola dimora”: terminati gli ascolti molte domande sono state poste a Tagliabue, che ha ricordato che Wagner divide come uno spartiacque la storia della musica, facendosi amare ed odiare, ma non lasciando mai indifferenti. Il Maestro Tagliabue fa notare anche come, tra i molti temi di attualità contenuti nel Ring, ne emerga uno importante come quello della violenza sulle donne: “Dove c’è possesso non ci può essere l’amore: questo concetto è la base per comprendere le complesse dinamiche di coppia”. Beppe Ruga, anima di questi incontri, ha chiesto perché il Ring non venga più rappresentato: “È opera gigantesca, complicatissima e costosissima da mettere in scena”.
La seconda serata: “Valchiria” o “Della disobbedienza” si terrà sempre al Museo, sabato 21 settembre, con inizio alle ore 21.