Le aggressioni contro il personale di Polizia penitenziaria “hanno definitivamente superato la soglia del rischio per configurarsi come emergenza strutturale quotidiana”. È la denuncia dell’OSAPP, il sindacato autonomo della Polizia penitenziaria, indirizzata al Sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove, al Capo del DAP Stefano Carmine De Michele, al Ministro della Giustizia Carlo Nordio e ai vertici dipartimentali.
Dal "rischio probabilistico" alla "certezza operativa". Secondo l’OSAPP, in carcere la realtà delle aggressioni si presenta ormai come certezza incontrovertibile nella gestione dei detenuti, un dato fisiologico e strutturale con cui gli agenti fanno i conti ogni giorno. Mentre il rischio mantiene carattere probabilistico, scrive il sindacato, gli episodi violenti sono diventati quotidiani. A essere colpiti sistematicamente sono i poliziotti di prossimità, il volto visibile dell’istituzione per i detenuti, bersagliati con calci, pugni, sputi, testate e con armi rudimentali come gambe di sgabelli e tavoli, caffettiere all’interno di calzini come clave o bombolette di gas.
"Disarmante e paradossale” l’atteggiamento degli organi territoriali dell’Amministrazione, che nei procedimenti penali successivi alle aggressioni non risultano costituirsi parte civile nonostante il danno subito dal proprio personale.
Tra le ragioni alla base delle condotte violente, si elencano criticità con l’area sanitaria (cure odontoiatriche, richieste di farmaci anche per scopo voluttuario tra i tossicodipendenti, problemi dermatologici), attriti con l’area giuridico-pedagogica (permessi, trasferimenti, colloqui, benefici) e con l’area amministrativo-contabile (accrediti, mercedi, rateizzazioni di risarcimenti).
Nel mirino anche procedure “opache” di trasferimento di detenuti da istituti “beneficiari di particolare attenzione provveditoriale o, in alcuni casi, dipartimentale”, dove basta una semplice telefonata del direttore penitenziario per ottenere trasferimenti immediati. Nelle sedi di destinazione — denuncia l’OSAPP — alcuni detenuti danno libero sfogo alle proprie intemperanze o rappresentano un’ipoteca sulla serenità operativa del personale per l’alto rischio suicidario, mentre i provveditorati non si rideterminano sulle assegnazioni scriteriate e motivano con criteri inediti come rotazione, perequazione, contiguità, territorialità, giudicati “ornamento retorico” senza effetti sulla sicurezza.
L’unica risposta istituzionale all’aggressione, sostiene il sindacato, è spesso l’allontanamento del detenuto aggressore, scelta che finisce per premiare chi usa la violenza: “un vero e proprio gioco dell’oca” che si chiude quando l’autore raggiunge la sede desiderata guadagnando la fama di violento.
OSAPP cita anche obiettivi strumentali perseguiti da alcuni detenuti attraverso le aggressioni e le richieste di trasferimento: arrivare in istituti dove si somministrano specifici farmaci (“Lyrica o Gabapentin”, con differenze tra ASL), avvicinarsi ai propri connazionali, raggiungere piazze di spaccio con droghe qualitativamente migliori o sottrarsi a estorsioni e ricatti connessi ai traffici interni.
Poiché medici, educatori e ragionieri non salgono in sezione, né ricevono direttamente i detenuti, il primo bersaglio delle aggressioni diventa necessariamente la Polizia Penitenziaria, che funge da cerniera istituzionale su cui si scaricano tensioni e disservizi delle altre aree.
Alla luce di “incontrovertibili elementi”, l’OSAPP sollecita un’approfondita indagine sulle determinazioni dei vertici periferici nella gestione delle aggressioni, nei rapporti con il personale e nelle reggenze direttoriali, con particolare riferimento ai provveditorati di Torino, Firenze, Bologna, Roma e Napoli.
Il sindacato segnala inoltre “incoerenza/incapacità organizzativa e gestionale” per l’assegnazione di direttori “neofiti” alla guida di due o tre istituti, con sovraesposizione della struttura a rischi connessi all’inesperienza e ricadute negative sulle risposte operative e sulla sicurezza del sistema.
Considerate le dirette responsabilità politiche e amministrative, si richiedono le oramai irrinunciabili determinazioni del caso e si sollecita un urgente riscontro.