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Benessere e Salute | 16 agosto 2025, 06:50

Il paradosso degli infermieri piemontesi: un quarto del tempo viene sciupato

L’impatto è rilevante: l’equivalente di oltre 5.000 operatori al giorno sottratti alle attività cliniche.

Il paradosso degli infermieri piemontesi: un quarto del tempo viene sciupato

Il paradosso degli infermieri piemontesi: un quarto del tempo viene sciupato

Un quarto della giornata lavorativa degli infermieri impiegati nei reparti di area medica e chirurgica in Piemonte è assorbito da attività che potrebbero essere svolte da altre figure professionali. Lo rivela un’indagine condotta dall’Università di Torino in cinque ospedali della regione, promossa dall’Ordine delle professioni infermieristiche.

Lo studio, pubblicato sul Journal of Advanced Nursing e sul Journal of Patient Safety, ha misurato in maniera sistematica il tempo dedicato a compiti “delegabili” e il vissuto degli operatori. I dati parlano chiaro: il 25% del turno è occupato da attività come cambio di presidi, rilevazione di parametri, cura dell’igiene, gestione di telefonate, pratiche amministrative, trasporto pazienti e consegna dei pasti. Mansioni che, secondo le linee organizzative, dovrebbero essere affidate a operatori socio-sanitari, personale amministrativo o ausiliario.

I numeri e il campione
La ricerca ha coinvolto 236 infermieri di 27 reparti, rappresentativi di strutture pubbliche e private. Un’analisi qualitativa ha approfondito le esperienze di 20 professionisti, selezionati per età, genere, anzianità di servizio e area di appartenenza. L’età media è di 36 anni, con l’80% di donne e una media di dieci anni di esperienza.

Secondo alcune indagini internazionali, la quota di tempo assorbita da mansioni non sanitarie può raggiungere il 70% in contesti particolarmente critici. In Piemonte, pur rimanendo al 25%, l’impatto è rilevante: l’equivalente di oltre 5.000 operatori al giorno sottratti alle attività cliniche.

Le cause: carenze e resistenze
Tra i fattori indicati dagli infermieri, emergono la carenza di personale di supporto – soprattutto nei turni notturni – e l’inefficienza di alcuni servizi nei momenti di bisogno. A questo si aggiunge la difficoltà nel delegare: ostacoli relazionali con operatori di supporto più anziani, dubbi sulla qualità del lavoro delegato e timore di critiche spingono molti a “coprire i vuoti” dell’organizzazione, anche a scapito del proprio benessere.

La professione viene così percepita come “ibrida”, a metà tra assistenza clinica, segreteria e mansioni logistiche. Dalle interviste emergono sentimenti di frustrazione, perdita di identità professionale, ansia e rischio burnout.

L’appello dell’Ordine
Ivan Bufalo, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Torino e del Coordinamento regionale, avverte:
«Siamo di fronte a una situazione insostenibile. In Piemonte mancano almeno 6.000 infermieri, e il 25% del tempo di quelli in servizio viene impiegato in attività estranee all’assistenza sanitaria».

Bufalo chiede una revisione urgente dei modelli organizzativi:
«Serve un utilizzo appropriato delle competenze infermieristiche. In gioco non c’è solo l’efficienza delle cure, ma la sicurezza dei pazienti, la qualità dell’assistenza e la tenuta del sistema sanitario pubblico».

Dalla Redazione di Torino, G. Ch.

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