Varallo (Rima San Giuseppe) 11 giugno 1950
A Rima San Giuseppe, sopra Rimasco, la gente è in festa. Nel salone dell’Enal c’è il ballo dei coscritti e i giovani stanno arrivando da tutto il circondario. Eventi come questo sono rari, in zona, dove la voglia di divertirsi, tra i ragazzi, è grande. Tra loro c’è anche Silvia Potenzi, una vivace contadina di 26 anni. Da qualche tempo si è fidanzata con un boscaiolo, Celso Aprile. I loro caratteri così diversi, solare lei e introverso lui, a volte li portano a scontrarsi. L’unione, nella piccola comunità, però è ben vista, anche per la stima che tutti nutrono nei confronti di Celso. Grande lavoratore, onesto, guadagna bene, tanto che in monti aspettano, per aprile, lo sbocciare dei fiori d’arancio. Ma quella sera, tra i due fidanzati, c’è maretta. Silvia è bella, molto bella, e le piace farsi corteggiare dagli uomini. Di ammiratori, che le rivolgono una parola gentile, piuttosto che un complimento, ne ha molti sin dal tempo in cui, in montagna, giravano i partigiani. E tanti, anche se sanno che sta per sposarsi, non demordono ugualmente. Tutto questo, ovviamente, fa ingelosire Celso: e lei usa questo sistema per farlo stare male, ogni volta che litigano. Come quella domenica: nel pomeriggio hanno avuto l’ennesimo alterco e lei , alla sera, per ripicca, si è fatta accompagnare al ballo da un altro uomo. Adesso è lì, che volteggia sulla pista tra le braccia del suo accompagnatore, mentre Celso, in disparte, fatica a tenere a freno la collera.
- Varallo, 25 giugno 1950
Gemma è distrutta. Suo fratello Celso è stato trovato morto, nel torrente Nonay, due settimane dopo la sua misteriosa sparizione e una dopo il ritrovamento del cadavere della sua fidanzata Silvia. Li avevano visti al ballo, poi litigare e infine baciarsi, in strada. A casa, però, quella notte non sono tornati. A una settimana esatta dalla scomparsa, il cadavere della ragazza era stato rinvenuto sul greto del corso d’acqua. Il corpo era intatto, tranne il cranio che, secondo il medico legale, era frantumato in più punti: “Uccisa con un bastone”. E in paese, le voci erano diventate un mormorio sempre più insistente: “L’ha uccisa il Celso, perché era geloso”. Gemma, per giorni, non era uscita di casa, rifugio sicuro al suo dolore. Lo sapeva che, se fosse uscita, la gente avrebbe mormorato al suo passaggio. Sette giorni dopo il ritrovamento del corpo di Silvia Potenzi, un passante aveva notato, duecento metri più a valle, il corpo di Celso Aprile. Anche lui, con il cranio sfondato. Il riconoscimento tocca lei, che i carabinieri accompagnano all’obitorio di Varallo. Il corpo di suo fratello è intatto, solo il capo presenta profonde ferite, che mettono a nudo, non solo le ossa del cranio, ma anche quello che resta dell’encefalo. “Maresciallo sono convinta che è stato ucciso! Celso non si sarebbe mai buttato nel torrente!”. “Vedremo cosa ne pensa il magistrato” era stata la laconica risposta. Ma la Procura di Vercelli dà retta alle voci che circolano in paese. Celso, cieco di gelosia, ha ucciso Silvia e si è suicidato. Così il caso viene archiviato.
- Varallo, Rima San Giuseppe 11 giugno 1950
Il ballo è finito e Silvia ha chiesto al suo accompagnatore di scortarla fino a casa, in frazione Mosello. “La strada è buia – dice, civettuola – e ho paura a farla da sola”. I due si avviano, lentamente. E’ allora che Celso Aprile, pazzo di gelosia, abbandona l’angolo del locale in cui si è rifugiato e li raggiunge. “Disgraziata, sei una poco di buono! Ecco cosa sei!”. E volano due schiaffi, che arrossano le guance della ragazza. Scoppia in lacrime, mentre il suo cavaliere non sa bene cosa fare. Celso lo aggredisce verbalmente, lo ingiuria, lo insulta e lo manda via. L’altro, prima che si arrivi alle mani, lascia perdere e si avvia, a lunghi passi, verso casa. E come ogni temporale estivo, anche nella coppia torna il sereno. Lui si calma, lei smette di piangere.
Si prendono per mano, ma si avviano verso l’abitazione della ragazza. Vogliono stare insieme ancora un po’, recuperare il tempo perduto, scioccamente, al ballo. Si abbracciano, parlano del prossimo matrimonio. Silvia è felice, quasi radiosa, e Celso, dopo la sfuriata, ha riacquistato la calma. Sono le due di notte e, pensando di essere soli, si scambiano un bacio. Non notano nemmeno la donna che passa loro accanto e che sorride, chinando il capo, nel vederli così innamorati. Si allontana veloce, lasciandoli alla loro intimità. Nemmeno lei si accorge che, qualcuno, sta osservando la scena nascosto nell’ombra.
- Varallo, primavera 1951
Sono passati mesi, dal giorno della scomparsa di Silvia e Celso, e la sorella di lui, Gemma, non si dà pace. Non ha mai creduto alla versione che abbia ucciso la fidanzata, per poi farla finita. Così ha avviato una sua indagine personale. Quando le hanno restituito gli effetti personali di Celso, si è accorta che qualcosa non andava. Dal portafogli mancavano 4 mila lire, i soldi che aveva quando è uscito quella tragica sera. Al ballo non spese nemmeno un soldo e quindi, dovevano esserci, insieme a una lettera della fidanzata, che non si trova. I due corpi vengono ritrovati, a una settimana di distanza uno dall’altro, e a poche centinaia di metri di distanza. L’acqua è troppo bassa perché non possano essere stati notati subito. Ma Gemma Aprile va oltre queste prime considerazioni. Legge i referti del medico legale e si accorge che, entrambi i fidanzati, presentano solo lesioni al cranio, mentre i corpi non hanno un graffio. Da escludere, quindi, che tra i due sia scoppiato un altro litigio. Lei si sarebbe difesa e lui ne porterebbe i segni. I vestiti, poi, sono in ordine e questo fa escludere l’ipotesi della disgrazia. Se fossero stati travolti da una piena improvvisa del torrente Nonay, gli abiti sarebbero stracciati, per gli urti contro le rocce del corso d’acqua. Tante prove, che Gemma raccoglie e documenta, per poi tornare dal magistrato e chiedere giustizia.
- Conclusione
Dopo quattro anni, da quel tragico 11 giugno 1950, gli sforzi di Gemma Aprile verranno premiati. La Procura riapre il caso, vengono risentiti gli abitanti della zona, raccolte nuove testimonianze e fatto un ulteriore sopralluogo lungo le rive del torrente Nonay. Alla fine si fa avanti un’ipotesi diversa, da quella che aveva portato all’archiviazione del caso. Qualcuno, quella notte, ha aggredito e ucciso a bastonate i due fidanzati, mentre stavano rientrando. Poi, ha nascosto i cadaveri in una delle tante casupole che ci sono sparse tra i boschi, per poi liberarsi prima di quello della ragazza e dopo di quello dell’uomo. Un efferato delitto, compiuto da una o più persone con ferocia e freddezza, forse non solo per quei pochi soldi che Celso aveva in tasca. L’accanirsi su entrambi, rischiando, e l’assenza di lesioni da difesa, fa pensare che le vittime conoscessero il loro aggressore e che non lo temessero. Per questo riuscì facilmente a sorprenderli e ucciderli.