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Borgosesia | 18 aprile 2021, 09:02

Borgosesia intitola i giardini a Lea Schiavi, reporter politica degli anni 40

Borgosesia intitola i giardini a Lea Schiavi, reporter politica degli anni 40

Il 25 Aprile saranno intitolati a Lea Schiavi, reporter politica nata a Borgosesia nel 1907 e deceduta in circostanze misteriose in Iran nel 1942, i giardini pubblici di Piazza Martiri, di fronte alle Scuole Elementari.

«Lea Schiavi è una donna decisamente fuori dal comune per i tempi in cui è vissuta – spiega il Sindaco, Paolo Tiramani – fu una delle prime giornaliste italiane ad occuparsi di politica, in tempi in cui alle donne erano riservati il gossip, la moda o le rubriche di lettere, e ad esprimere senza timore il suo dissenso verso le politiche non democratiche dell’epoca. Il 25 aprile dedichiamo a lei i nostri giardini, luogo simbolico della Resistenza valsesiana, per ridarle la centralità nella storia della Resistenza che le fu negata perché non apparteneva a nessun partito antifascista. Lea amava la libertà e la democrazia – dice Tiramani - e noi vogliamo ringraziarla per questa sua dedizione e per l’impegno con cui fu testimone dei valori fondanti della nostra Repubblica».

Durante la cerimonia di intitolazione, Alessandro Orsi (Presidente dell’Anpi di Borgosesia) tratteggerà la figura di Lea, il cui nome è inciso sul monumento eretto a Washington in ricordo dei giornalisti uccisi mentre esercitavano il loro lavoro di corrispondenti di guerra: «E’ strano pensare che una nostra concittadina, che si spese con passione per contrastare il regime, sia ricordata in America ed invece sia stata completamente dimenticata nella sua città natale aggiunge il Sindaco Tiramani – ho parlato con molte persone, e pochissimi ne avevano sentito parlare: oggi restituiamo a Lea un posto importante sia intitolandole un luogo fisico, sia riportando la sua storia nella memoria dei valsesiani e della Valsesia, terra che ha espresso figure di spicco nella lotta per la libertà, tra le quali Lea Schiavi trova giustamente il suo posto».

Alla cerimonia sarà presente anche Massimo Novelli, giornalista de “Il Fatto Quotidiano” autore del libro “Lea Schiavi – la donna che sapeva troppo”, che ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica questa straordinaria figura femminile.

NOTE BIOGRAFICHE - Lea Schiavi fu corrispondente per l’Ambrosiano a Belgrado e poi in Romania; i suoi articoli avevano successo, ma poiché non nascose mai le sue opinioni dissenzienti verso il fascismo, il nazismo, l’antisemitismo, ben presto la sua posizione politica la mise in cattiva luce in Italia e, quando rifiutò di rientrare a Milano da Bucarest, venne licenziata dal giornale. A Bucarest conobbe il giornalista americano Winston Burdett, corrispondente della Cbs, che divenne suo marito e con il quale, nel 1940, si trasferì in Turchia da dove iniziò la sua collaborazione con il periodico americano Transradio Press. In Turchia Lea si dedicava alla propaganda antifascista presso gli italiani là residenti, attività che era monitorata dal regime, secondo il quale la giornalista aveva anche aderito al Free Italy Movement fondato a Londra da alcuni connazionali. Nell’ottobre del 1941 seguì il marito, trasferito dalla Cbs in Iran e a Teheran contribuì economicamente al sostegno degli italiani rimasti senza mezzi e impossibilitati a rimpatriare. Proprio in Iran, in circostanze mai chiarite, Lea venne uccisa durante un viaggio verso il Kurdistan: l’auto su cui viaggiava insieme ad altre persone fu fermata ad un posto di blocco, uno dei sedicenti poliziotti chiese chi degli occupanti della vettura fosse Lea Schiavi, e quando lei si fece riconoscere le sparò per poi scomparire nei boschi. Nonostante la corsa verso un vicino convento per cercare soccorso, Lea morì dissanguata e venne seppellita nel cimitero del convento, vicino a Tabriz. Il marito fece una denuncia alla polizia iraniana, segnalando per la morte della moglie presunte responsabilità di un funzionario dell’Ambasciata italiana ed agente dei Servizi Segreti Militari, che non furono mai verificate; nel 1945 Burdett si rivolse anche alla magistratura italiana, ma la pratica venne archiviata.

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