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COSTUME E SOCIETÀ | 23 maggio 2024, 16:16

Piane Sesia, in ricordo di Roberto Mazzone

Piane Sesia, in ricordo di Roberto Mazzone.

Piane Sesia, in ricordo di Roberto Mazzone.

Caro Roberto

Ci vediamo un’altra volta qui, sotto il tuo campanile. Mi dicevi sempre che suonava, come ha sempre suonato, per noi della Gattera, già alla “Riccia”, mi raccontavi, i rintocchi non si sentivano più. Ha scandito la tua vita e tu, con la tua “Dindinela”, la nostra: i momenti di felicità, i nostri matrimoni, la festa della Gattera e del Falco.

Non riesco a pensare di passare dalla cascina e non trovarti per fare due parole, per parlare del Toro, delle Orme o della batteria di Franz Di Cioccio.

Ci dicevi sempre di andare lontano, ma senza mai dimenticarci da dove venivamo, con umiltà, e sempre nel rispetto delle persone e delle cose (e poi ci facevamo una risata).

Il regalo più grande me lo hai fatto venendo al mio matrimonio: allegro, sereno, felice, ti ricordo così.

Adesso ci dobbiamo salutare, e, come tu dicevi del tuo papà, che veneravi: “Livio, the Boss”, anche io ti dico che per noi tu eri il Boss. Ciao Roberto, The Boss.

Simone Pirazzi


Roby, un fragile Rodomonte

Ciao Roby,

Ti salutiamo in questo maggio un po’ “balengo”, che ancora non ha deciso di esplodere in Primavera, la luna è crescente, va bene per le semine, il tuo orto è lì che aspetta: cresceranno ricordi, ognuno di noi, passando di lì, darà un’occhiata alla Cascina: non ci sarà più la radio accesa, segno inequivocabile della tua presenza…ma con l’orecchio del cuore riascolteremo la tua inconfondibile voce che scandiva l’invito perentorio a fermarsi ed entrare, rivedremo la tua ordinatissima raccolta di attrezzi agricoli, appartenuti a papà Livio.

In un paese tutti pensiamo di conoscerci e di capirci, forse è solo un’impressione, e le differenze hanno un prezzo, sono implacabili, ma esiste una lingua del cuore che ci accomuna e non ammette traduzioni, Tu la conoscevi, era forte come un sasso che spacca un vetro, era l’amore per questa terra dove eri nato sessantaquattro anni fa. In questi ultimi e per Te difficili mesi, ogni volta che Ti pensavo associavo un termine femminile tedesco: “Heimat”, una parola difficile da tradurre, che nella radice Heim, racchiude il senso di «casa», e indica il legame tra l'individuo e il luogo – inteso come paesaggio e cultura – in cui è nato e cresciuto. Eri tra gli ultimi epigoni di un tempo che non tornerà mai più. Mi chiamavi: “la mia sorellina”, perché avevamo in comune quel grande e disperato amore.

Promettente batterista, la musica ce l’avevi nel Dna, il ritmo era innato, e Tu sei “Vivo” come nella canzone del cantautore Andrea Laszlo De Simone: “La vita è breve e pure stretta / Ma la tua mente è una gran sarta / Che cuce in fretta / Il tempo di una sigaretta”.

Hai lottato contro una malattia implacabile, hai resistito, poi hai capito che ti stava rubando la dignità e ti sei allontanato, incamminandoti per raggiungere mamma Giuseppina, che se ne era andata un anno fa, il 14 maggio. Hai però atteso il ritorno di Claudio e Michela, che con Sara e Cristina erano gli unici ammessi al Tuo capezzale, stringendo le loro mani, hai dato l’addio ad una vita che non è stata generosa. Monsignor Gianluca Gonzino, che era stato nostro compagno di giochi, ha voluto officiare “il rito pietoso della sepoltura”, e Ti ha ricordato con affetto.  Per il lungo viaggio hai indossato la maglia del tuo Torino, quello grande che si era schiantato a Superga, ma anche quello geniale di Gigi Meroni, la “farfalla granata”. Avevi la stessa fragilità e generosità, celate sotto la maschera da Rodomonte, il personaggio dei poemi cavallereschi che vanta azioni strabilianti, si cimenta in imprese temerarie per affermare la propria superiorità, assumendo un atteggiamento spavaldo.

Ciao Roby: lo scampanìo festoso della Dindinela sarà per sempre associato a Te.

Piera

C.S. Piera mazzone e Simone Pirazzi, G. Ch.

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