L’Istorbive, nell’ambito delle manifestazioni del cinquantesimo, la sezione di Borgosesia dell’ANPI e il Centro Studi Turcotti, venerdì 25 ottobre a Borgosesia, hanno organizzato la presentazione del romanzo: La scelta di Claudia Ryan, scrittrice e architetto, insegnante di storia e di arte, giornalista.
Corrado Guaita, classe 1926, dopo l’istituzione della Giornata della Memoria, sentì il bisogno di andare nelle scuole e portare la sua testimonianza, appuntata in modo molto succinto in un testo che era stato pubblicato, in cui si soffermava maggiormente sui mesi del ritorno, quasi non volesse tornare neppure con il ricordo ai momenti più dolorosi. Corrado Guaita morì nel 2016 e Claudia Ryan non fece in tempo ad intervistarlo, ma, su richiesta del figlio Roberto, decise di trasformare quella vicenda biografica sofferta in un romanzo. Roberto Guaita, che era presente a Borgosesia, ha ricordato che suo padre sapeva trasmettere la sua esperienza in modo emozionale: “I ragazzi erano rapiti dal suo racconto” sottolineando come, scomparsi i testimoni, sia importante non dimenticare e mantenere la memoria di quei giorni.
Claudia Ryan nella presentazione ha ripercorso le tappe storiche più importanti dopo l’8 settembre:“In quei seicento giorni in Italia si combatté una terribile guerra civile in cui il protagonista del romanzo si trovò coinvolto: presentando questo libro nelle scuole gli studenti rimangono molto colpiti, perché Ettore ha la loro stessa età e quindi sorge spontanea la domanda: ma io che cosa avrei fatto?”. Corrado, che diventa Ettore nel romanzo, studente dell’Istituto Geometri, partiva ogni giorno dal suo paese Lomello, per recarsi a Pavia. Dopo la “scelta” - su 180.000 appartenenti alle classi dal 1923 al 1925, solo 87.000 si presentarono alla chiamata alle armi - a novembre fu catapultato in Valsesia dove tutto era diverso, a partire dal paesaggio e dal clima, partecipò alla Resistenza, fu richiamato a Pavia con il delicato compito di reclutare i renitenti. Dopo l’arresto sarà deportato ad Auschwitz III Lager 1. I “lavoratori coatti”, circa 220.000, subivano un trattamento leggermente migliore rispetto agli altri prigionieri. Liberato Auschwitz il 27 gennaio 1945, per Ettore comincerà un’odissea in campi di transito controllati dagli Alleati e dai sovietici, non più prigioniero, ma nemmeno completamente libero. Fuggirà da Varsavia con un altro italiano, Carlo Scovenna e, nell’ultima parte del romanzo, si racconta il sofferto ritorno: “Questo è un libro che parla anche di Valsesia, dove il protagonista, studente a Pavia, poi entrato nelle fila partigiane, viene inviato: ho ricongiunto i tasselli del racconto di Corrado Guaita, in un racconto realistico, creando una trama romanzesca e infilando nelle pieghe della storia il mio personaggio”. Leggendo dei brevi brani l’autrice ha fatto entrare il pubblico nell’atmosfera del tempo, illustrando anche la foto di copertina, che sembrerebbe surrealista, ma è stata scattata in Polonia con dei cadaveri per strada, cui nessuno faceva più caso.
Hanno dialogato con l’autrice Alessandro Orsi ed Enrico Pagano. Enrico Pagano, Direttore dell’Istorbive, che è stato studente a Pavia, ha trovato il romanzo “interessante e didascalico”: “Per dovere, ma soprattutto per piacere, ho letto il libro due volte e devo dire che la prosa è molto fluida e permette di affrontare una serie di temi solitamente poco indagati: la differenza tra città/montagna che fa pensare ai molti ragazzi che dovettero adattarsi ad un ambiente sconosciuto, sviluppa il tema dell’esperienza del carcere, dove si intrecciano detenuti politici e detenuti comuni e si sviluppano rapporti di solidarietà incredibili, emerge il tema della diversità di trattamento tra prigionieri ad Auschwitz, dove non esisteva un unico modello di prigionia, si affronta il tema del ritorno, testimoniato nel romanzo La tregua di Primo Levi: molti di quelli che sono tornati per anni non hanno raccontato nulla, convivendo con i loro fantasmi, per la difficoltà riscontrata nel veder riconosciuta questa esperienza”. Sandro Orsi, storico e Presidente dell’ANPI di Borgosesia, che ha fornito indicazioni all’autrice sulla lotta di liberazione in territorio valsesiano e ha letto in anteprima le pagine ambientate in Valsesia, ha ricordato le parole del canto partigiano nato alla Benedicta: “Dalle belle città date al nemico fuggimmo un dì sull'aride montagne cercando libertà fra rupe e rupe contro la schiavitù del suol tradito. Lasciammo case, scuole ed officine mutammo in caserme le vecchie cascine armammo le mani di bombe e mitraglia temprammo i muscoli e i cuori in battaglia” che illustra bene la scelta di quei giovani che come Corrado Guaita si unirono alla Resistenza: “Per i nostri ragazzi valsesiani, che erano vissuti in una realtà socialista era stato naturale andare in montagna, mentre la scelta per lo studente di Pavia era certo stata molto più complicata, come emerge nel romanzo in cui l’autrice si rapporta anche egregiamente con la psicologia maschile”.
La lettura di questo romanzo, da oggi disponibile anche in Biblioteca a Varallo, può aiutare a capire la nostra storia, i fatti del passato e permette di guardare al presente con occhi più consapevoli.