Forse il 2025 che si sta chiudendo ha segnato un punto di svolta storico per la robotica. Non parliamo di quella a cui siamo ormai abituati, legata all’immagine stereotipata dei robot nelle catene di montaggio, ma di un livello di gran lunga superiore. È un trampolino di lancio molto importante: dove lanciarci e puntare sta a noi e a come sapremo governare questa tecnologia aggregata.
La nuova epoca nell’era umanoide ci offre una visione di corpi sintetici comandati da menti digitali intelligenti. Non siamo più in una fase di semplici dimostrazioni accademiche, ma agli inizi di un'epoca di grandi cambiamenti. I robot umanoidi non sono più solo appannaggio degli “scienziati pazzi”, ma una realtà con cui ci confronteremo a breve.
Possiamo paragonare questa situazione al fenomeno “momento iPhone”, in cui la convergenza tra la maturità hardware e software rende queste tecnologie economicamente sostenibili. Una stima di Goldman Sachs parla di un mercato del valore di 38 miliardi di dollari entro il 2035, dovuta in gran parte alla carenza di manodopera nel settore manifatturiero e logistico. Inutile dirlo, la Cina è già di fatto il maggior player in questo settore e ci si aspettano numeri importanti per i robot umanoidi nel corso del 2026.
Un viaggio tecnologico ed etico
Ma facciamo un viaggio in questo mondo. Un robot umanoide è sostanzialmente una macchina antropomorfa progettata per operare in ambienti e spazi costruiti su misura per l’essere umano.
I modelli datati erano ingombranti, goffi e rumorosi; quelli attuali, invece, sono molto silenziosi e utilizzano attuatori elettrici o idraulici che simulano in tutto e per tutto il lavoro dei nostri muscoli. Tuttavia, hanno ancora un problema da risolvere: pesano tra i 40 e gli 80 kg e più che devono integrare batterie che consentono un’autonomia limitata a poche ore. Si pone quindi la sfida energetica, che richiede ricariche frequenti o il cambio batterie per garantirne l’operatività continua.
Siamo passati dai tradizionali robot da fabbrica, che necessitavano di istruzioni specifiche e ripetitive per il posizionamento spaziale X-Y-Z, ai modelli VLA (Vision-Language-Action), che in pratica si basano su questi principi:
- La percezione semantica: il robot non vede solamente i pixel tramite le telecamere, ma è in grado di riconoscere gli oggetti e contestualizzarli nell’ambiente (ad esempio, identificando un ostacolo pericoloso).
- Apprendimento dalle esperienze dimostrative: il robot è in grado di auto-apprendere osservando in tempo reale o tramite video esplicativi, mappando l’input visivo con le azioni motorie necessarie a ripetere l’operazione.
- Gestione delle eccezioni: la capacità di trovare soluzioni alternative in situazioni di blocco.
Da qui emergono le differenze fondamentali tra la robotica tradizionale e quella umanoide. I robot tradizionali sono macchine con un approccio “rigido”, ossia destinate a compiti singoli e ripetitivi; per sicurezza, vengono spesso confinati in gabbie all'interno delle fabbriche per evitare infortuni, anche gravi, all'uomo. Al contrario, i robot umanoidi “general purpose” (senza un compito specifico) sono progettati per adattarsi al contesto — come le linee di produzione esistenti — senza dover procedere a costose ristrutturazioni.
Il problema relazionale e la sicurezza
Questo scenario pone un problema “relazionale” con l’essere umano. Quando l’AI che usiamo tutti i giorni per i lavori più disparati esce dallo schermo e si incarna in un robot di 70 kg, la gestione del rischio diventa indispensabile a tutti i livelli, per chi costruisce, per chi implementa e soprattutto per chi adotta questo mix di tecnologie.
Sia la Comunità Europea che l’ente normativo internazionale ISO stanno emanando regolamentazioni e sistemi di gestione proprio sull’utilizzo dell’AI. In particolare, da un paio di anni è stata pubblicata la norma ISO/IEC 42001:2023 (Artificial Intelligence Management System - AIMS).
La ISO 42001 non è uno standard tecnico di ingegneria, ma un sistema di governance. Serve a garantire che l'AI sia sviluppata e utilizzata in modo responsabile, trasparente e tracciabile. In un contesto dove manca ancora uno standard globale specifico per la sicurezza dei robot umanoidi, la ISO 42001 colma il vuoto gestionale. È un approccio che garantisce la gestione di aspetti critici come:
- Risk Assessment (Valutazione del Rischio): analisi dei pericoli fisici. Errori di progettazione o difetti strutturali imporrebbero di procedere a una riprogettazione e riesame prima della produzione massiva.
- Responsabilità e Ruoli: definizione chiara di chi supervisiona la flotta. Chi risponde se il robot danneggia un prodotto? La norma richiede una catena di comando chiara.
- Monitoraggio e Logging (Scatola Nera): ogni decisione presa dal modello VLA deve essere tracciata. Se un robot decide di impilare scatole a terra invece che sul nastro, bisogna poter ricostruire il perché di quella scelta algoritmica.
Applicazioni attuali e scenari futuri
Ma quali applicazioni sono già sul campo e quali vedremo nel prossimo futuro? Attualmente i robot sono impiegati principalmente nel settore manifatturiero e nella logistica. In ambito automotive vengono utilizzati, ad esempio, per operazioni sulla linea di montaggio. In logistica, il robot funge da ponte tra robot mobili e nastri trasportatori. Anche nel campo del controllo qualità dei prodotti le applicazioni sono molteplici.
E quali possibili scenari futuri ci attendono? È difficile rispondere a lungo termine, ma nel breve periodo dobbiamo guardare a Oriente. La Cina sta spingendo fortemente verso il settore dell’assistenza domiciliare (piani MIIT per il 2025-2027), con robot da compagnia, monitoraggio vitale e supporto fisico. Un'aspirazione dettata da problematiche sociali rilevanti in un paese con più di 1,5 miliardi di persone. Il divario sociale e la necessità di impiegare maestranze giovani per lo sviluppo tecnologico fanno sì che la gestione di chi è ai margini della società, come malati e anziani, sia una questione complessa.
Un altro settore dove si pensa di introdurli (forse un po' inquietante) è quello della telepresenza fisica per le persone fragili. Ci sarebbe la possibilità di unire la presenza video a quella fisica, permettendo ai familiari di “incarnarsi” a distanza per seguire i propri cari.
Altri due settori che potranno essere oggetto di attenzione sono l’edilizia e il lavoro in ambienti pericolosi: l'introduzione dei robot umanoidi renderebbe gli ambienti di lavoro più sicuri, riducendo infortuni e mortalità. Poi c’è l'esplorazione spaziale. Si sta pensando a missioni su Luna e Marte condotte da umanoidi prima ancora che dall’uomo. I robot che hanno esplorato Marte ne sono una prima testimonianza, anche se nulla sono a confronto con quelli di nuova generazione.
I rischi per l’uomo
Isaac Asimov, nella sua letteratura, dimostrò di saperla lunga. Con le sue leggi sulla robotica aveva ben indicato le zone di confine da non superare per il bene dell’umanità. Oggi tutti devono (o dovrebbero) tenere in considerazione diversi aspetti nello sviluppo delle tecnologie integrate AI + robot. I rischi specifici che vanno gestiti e mitigati sono principalmente:
- Impatto fisico: un robot di metallo che ci cade addosso o ci urta può causare problemi gravi. Vanno considerati materiali morbidi e limitatori di potenza sia software che hardware.
- Affidabilità: se queste tecnologie vengono utilizzate nel settore Healthcare, i guasti meccanici o software devono essere prevenuti con sistemi AI di manutenzione predittiva.
- Cybersecurity: non mi dilungo troppo su questo, anche se è uno dei miei cavalli di battaglia. Solo una domanda: se un hacker prendesse il controllo del robot umanoide che assiste i vostri genitori anziani, sareste tranquilli?
- Privacy: stessa cosa per la cybersecurity. Sareste contenti che i dati sensibili a cui il vostro robot domestico ha accesso diventassero di pubblico utilizzo?
- Dipendenza geopolitica: tema spinoso. Se dipendiamo da un paese terzo come la Cina, quali sviluppi o ricatti geopolitici ci portiamo in casa?
Queste sono tutte domande a cui dovremo dare una risposta certa prima di un utilizzo di massa.
Il futuro del lavoro
Un altro grande interrogativo a cui è difficile dare una risposta certa è: ci porteranno via il lavoro? Al momento i robot non possono sostituire in toto un mestiere, ma possono sostituirci in compiti ripetitivi o di basso valore aggiunto. Ciò che questa evoluzione porterà saranno sicuramente nuove professioni di cui questa abbinata tecnologica avrà bisogno. Si ipotizzano figure come gestori della flotta robotica, manutentori di robot umanoidi e professionisti per la gestione dell’apprendimento dell’AI applicata agli umanoidi.
Ripassiamoci Asimov con qualche lettura (sempre bella) e iniziamo a immaginarci un mondo diverso da quello attuale. Migliore? Non lo so. Dipenderà da come useremo tutto questo.
Per maggiori informazioni:
Sito web: www.seccomarco.com











