E finito a processo per 5 lavoratori di nazionalità egiziana per i quali era stata presentata istanza di emersione dal lavoro nero o sommerso. Sulla base della legge si poteva presentare un'istanza telematica dichiarando di aver occupato per almeno tre mesi, antecedenti al 30 giugno 2009, i lavoratori in questione, pagando 500 euro di contributi forfettari.
Le istanze, però, erano state rigettate per insussistenza dei requisiti previsti: i lavoratori per i quali il vercellese aveva chiesto la sanatoria erano privi di permesso di soggiorno e non potevano dunque accedere alla procedura di emersione dal lavoro nero.
All'uomo erano state inviate richieste di chiarimenti, alle quali, tuttavia non aveva mai risposto. E così, alla fine, si è arrivati davanti al giudice. In tribunale il vercellese, che ora vive fuori regione, ha dato una sua versione dei fatti, rendendo spontanee dichiarazioni. “Io mi ero accreditato per regolarizzare una sola posizione – ha detto -. Non ho presentato le altre 4 domande”. La spiegazione, secondo l'uomo, starebbe nel fatto che, all'epoca, lui conviveva con una donna straniera – della quale ricordava però solo il nome di battesimo e nient'altro – e che sarebbe stata lei ad accedere, tramite le credenziali informatiche del vercellese, al sito del ministero, per effettuare la pratica poi bocciata.
Una spiegazione che non ha convinto il pubblico ministero che, ritenendo provato l'illecito, ha chiesto per l'uomo una condanna a quattro mesi e il pagamento di 17mila euro di multa. Sentenza nelle prossime settimane.