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ATTUALITÀ | 08 aprile 2020, 08:00

Coronavirus, fake news, privacy. Intervista al presidente dell’Ordine giornalisti Piemonte: “Cronista? Verifichi tutto ed eviti sensazionalismi”

“Il giornalista è il garante di una società libera e informata - spiega Alberto Sinigaglia - . Ha la missione di cercare la verità, ha la tecnica e la deontologia per farlo. La offre ai cittadini, che ne hanno diritto per sapere, capire, decidere. Li difende dalle fake news”.

Coronavirus, fake news, privacy. Intervista al presidente dell’Ordine giornalisti Piemonte: “Cronista? Verifichi tutto ed eviti sensazionalismi”

“Di fronte a un’emergenza sanitaria di queste dimensioni, il giornalista deve svolgere i suoi compiti con la massima correttezza, osservando con scrupolo la deontologia della professione. Correttezza e deontologia non devono mai abbandonare chi fa informazione, ma la crisi sanitaria, economica e sociale richiede uno sforzo in più, adeguato al pericolo. Va respinta la retorica, l'enfasi, il melodramma. Solo verifica, ostinata verifica dei fatti, delle cifre, dei luoghi, scrupolosa citazione di quanto affermano medici, scienziati e le fonti ufficiali del Governo, della Regione, della Sanità pubblica. Evitare facili sensazionalismi, soluzioni miracolistiche”.

Questa le linee guida. Questa la rotta indicata dal presidente dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte, Alberto Sinigaglia, nel pieno della tempesta globale causata dalla pandemia del Coronavirus. Un dramma sanitario e umano senza precedenti, capace di sconvolgere le esistenze di ognuno: dal singolo cittadino al grande gruppo industriale. Tutti i settori, compresi i mass media e i mezzi di comunicazione locali, sono stati monopolizzati – e in molti casi riconvertiti – dal Coronavirus. Per questo il quotidiano online Valsianotizie.it si è confrontato con il presidente Sinigaglia per delineare il miglior modus operandi al quale possa attenersi ogni cronista piemontese per meglio fronteggiare l’attuale emergenza.

“Il giornalista sa come affrontare questa situazione – sottolinea Sinigaglia – poiché raccontare la realtà che lo circonda è il suo mestiere: ha gli strumenti adatti, conosce la tecnica per usarli e  i doveri e i limiti imposti dalla deontologia. Giornalismo significa responsabilità e fatica: incessante verifica delle notizie e delle fonti. Ogni storia deve essere spiegata correttamente, nel rispetto dei fatti e dei protagonisti. Evitando il più possibile gli aggettivi, valutando bene le parole, con ogni sforzo di precisione e di chiarezza".    

In modo altrettanto chiaro devono essere riportati i dati dei contagi e dei decessi, ma sempre nel pieno rispetto della privacy. “È un aspetto che va affrontato con attenzione maggiore, con prudenza e saggezza – puntualizza Sinigaglia – .Il buon cronista deve comunque essere dotato di buonsenso, di rispetto della dignità umana, di rispetto del cittadino qualunque sia la sua condizione, sia ricco o povero, vecchio o di minore età. Parlo di ‘attenzione maggiore’ perché maggiore è il pericolo che stiamo attraversando, maggiori sono la sofferenza e la sensibilità con le quali lo viviamo, maggiori si profilano ogni giorno le difficoltà economiche e sociali che dovremo sopportare e superare quando saremo usciti dal tunnel”.    

Non sono mancati casi in cui il giornalismo ha trasgredito le regole, ha ricamato, enfatizzato, è venuto meno ai principi, ha perduto affidabilità e lettori, ascoltatori, telespettatori. Lo ammette il presidente dell’Ordine:  “Il giornalismo – inteso come edicola, radio, tv e web - è andato perdendo affidabilità, interesse e quindi lettori e ascoltatori quando ha cominciato a cedere alle mode del momento, ad assumere toni superficiali, da intrattenimento più che da informazione, commettendo leggerezze imperdonabili: titoli strillati, termini bellicosi o sportivi,  polemiche pretestuose e infondate, scrittura filodrammatica. Tuttavia per il Coronavirus l'informazione in generale dà prova di un ritorno alla sobrietà, alla responsabilità dunque all'utilità, all'affidabilità. Nelle ultime settimane i cittadini sono ritornati alle edicole, acquistano i quotidiani e le testate locali. Lo dicono i dati ufficiali, che vedono i telegiornali più seri seguiti come non lo erano da tempo e di gran lunga preferiti a certi talk show più di chiacchiere e propaganda che d'informazione. Sono segnali dei quali giornalisti ed editori devono tener conto per riprendere tutti insieme la strada del giornalismo di qualità”.

Perché precisa "giornalisti ed editori"? “Perché il ritorno a un giornalismo di qualità esige che si fermino i tagli di redattori, di collaboratori e di compensi e si torni a investire e a pagare il giusto chi lo merita. Conosco perfettamente le difficoltà degli editori e non sottovaluto l'enorme problema derivato dalla caduta dei prezzi della pubblicità. Ma sono certo che i giornali possano e debbano essere migliorati e che il loro rilancio porterà fortuna, cioè redditi, a chi vi contribuirà avendo una giusta visione della società e del suo futuro”.

I colleghi piemontesi come stanno affrontando l’emergenza Coronavirus? “Bene: riemerge ed è evidente il senso di "servizio civile" che il giornalismo piemontese ha nel suo dna. Lo si vede nelle piccole testate come nelle medie e nelle maggiori. Si nota lo sforzo di dare informazioni utili, di rispettare l'equilibrio tra dovere di informazione e rispetto dell'umano, del privato.  E non mancano atti concreti di generosità, con  servizi di ascolto e di vicinanza ai cittadini che vanno oltre il lavoro giornalistico". 

Nel 2020 cade il centenario della nascita di Gigi Ghirotti, l'inviato che con una storica inchiesta, Lungo viaggio nel tunnel della malattia, aprì in Italia la strada a una medicina più umana negli ospedali. “Erano i primi anni ‘70. Uscito dallo studio del medico che gli aveva diagnosticato un cancro, Ghirotti propose a La Stampa, il suo giornale, di dedicare le ultime forze a un'inchiesta sugli ospedali pubblici. La visse malato tra i malati, scrivendo a macchina in corsia. Lì andò a riprenderlo una importante trasmissione della Rai. L'inchiesta commosse l'Italia e avviò una umanizzazione della vita ospedaliera, della quale oggi vediamo i frutti nella qualità di medici, infermieri, psicologi e degli altri tecnici sanitari. Alcuni di loro in questi giorni meritano di essere definiti "eroi", unica enfatizzazione che perdonerei, nell'emergenza”.    

Oltre al dramma quotidiano di chi perde la vita o vede a rischio il proprio posto di lavoro a causa del Covid-19, il giornalista deve fare i conti anche con le continue bufale del web che, in molti casi, possono rivelarsi nocive per la propria e altrui salute. “Il giornalista è il primo difensore del cittadino dalle fake news. Il ritorno all'informazione - all'edicola, ai telegiornali più sobri e precisi  - dimostra che i cittadini cominciano a essere stanchi di chiacchiere, di propaganda, di bugie. Ma non si difendono ancora abbastanza dall'illusione di essere informati attraverso il telefonino che hanno in tasca, lo schermo del tablet e del pc.  Notizie vere e notizie false si confondono, i social network dilagano diffondendo anche "consigli" pericolosi, propaganda politica mascherata, ideologie, veleni razzisti. C'è una disinformazione usata abilmente come arma – commenta amaramente Sinigaglia – . Ma il giornalismo può difendere i cittadini e il loro diritto di sapere la verità per capire, farsi un'opinione, giudicare, scegliere, decidere”.   

Il mestiere del cronista è anche andare, cercare, incontrare, fare sopralluoghi sul territorio per meglio raccontare la realtà che lo circonda. Ma tutto questo è reso difficile o impossibile per le norme di sicurezza, per evitare rischi di contagio. Non sono mancati i casi di colleghi risultati positivi svolgendo il proprio lavoro e qualcuno ha perso la vita. Fino a che punto può spingersi un giornalista nella ricerca di informazioni ? “Da padre ho una risposta ovvia, banale: raccomando prudenza – precisa Sinigaglia –.  Fatevi dare il miglior equipaggiamento, ma se potete evitate di andare in luoghi dove non è necessario andare. Gli uffici stampa ci vengono in soccorso e possono essere un buon tramite con i medici, gli scienziati, gli uomini e le donne di Polizia e Carabinieri, della Protezione civile, dei Vigili del fuoco, dell'Esercito. Si può raccontare la verità senza rischiare.  Non è vero che 'siamo in guerra', viviamo un'epidemia ed è tutt'altra cosa”.  

Quale futuro si delinea nel mondo del giornalismo di fronte all’uso, sempre maggiore, della tecnologia e dello smart working tali da modificare profondamente il modo di fare informazione? Per il presidente Sinigaglia “c’è una spinta positiva al loro utilizzo, ma stiamo attenti ai rischi. Il progresso non si può fermare. Nessuno l'ha mai fermato, ma ha cercato di viverne i vantaggi non gli svantaggi. La tecnologia è progresso, ne ha portato all'informazione e può portarne altro. Dipenderà da noi.  Per fare informazione con le nuove tecnologie, diffondendola "in rete" fino al telefonino, al tablet, al pc, non bastano tecnici abili "alle tastiere", occorrono giornalisti sempre più preparati, competenti, culturalmente e deontologicamente ferrati, protagonisti di un giornalismo affidabile, che sia per i cittadini il salvagente al quale afferrarsi per non annegare nel mare delle fake news. Non passi l’idea che per salvare una testata basta ridurre i costi, cioè posti di lavoro e ridurre i compensi a cifre umilianti per chi fa informazione e ha spesso responsabilità pari a quelle di un medico, di un avvocato, di un ingegnere. Il giornalismo e i suoi veicoli hanno bisogno di cervelli allenati e pagati il giusto per compiere appieno la loro professione con responsabilità e alta qualità”. Specialmente ora, in uno dei momenti più bui della nostra storia.

Redazione g. c.

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