Diciannove anni di carcere complessivi e 100mila euro di provvisionale a favore del Comune di Crescentino, parte civile costituita. Sono le richieste presentate mercoledì da accusa e legale di parte civile al processo per le "cittadinanze facili" concesse a brasiliani che facevano base nella cittadina vercellese.
Nella requisitoria, il pubblico ministero Carlo Introvigne ha chiesto la condanna dei quattro imputati per gli 80 capi di accusa relativi alla corruzione lasciando però cadere l'associazione a delinquere; richiesta di assoluzione anche per le contestazioni di peculato (per l'utilizzo del computer e della stampante del Comune) e, per il solo imputato Raphael Bussolo, cade anche l'accusa di falso e false attestazioni.
La pena più pesante, 5 anni e 9 mesi, è quella richiesta per Simone Terezinha Frassini, definita dal pm «la mente del disegno corruttivo»: la donna, brasiliana residente a Verona, è la titolare dell'agenzia di intermediazione Service Plus che si occupava delle pratiche di cittadinanza e che avrebbe messo in piedi il sistema illecito portato alla luce della Squadra Mobile della Questura di Vercelli nel corso di un'inchiesta conclusa a ottobre 2020.
Richiesta di condanna a 5 anni e 4 mesi per Stefano Masino, dipendente del Comune di Crescentino che sarebbe stato il punto di riferimento della Frassini e che doveva anche rispondere di due episodi di violenza privata per aver sequestrato i documenti di brasiliani che avevano creato disturbo alla quiete pubblica; 4 anni mesi 9 è la pena richiesta per Annalisa Aresi, responsabile dell'Ufficio Anagrafe del Comune e 3 anni e 2 mesi per Bussolo, al quale è stato riconosciuto un ruolo più marginale.
Nella requisitoria, Introvigne ha ribadito che il meccanismo di concessione della cittadinanza Iure sanguinis si basava su un sistema corruttivo: i due impiegati ricevevano benefici economici non dovuti per eseguire procedure – e in particolare la concessione della residenza ai brasiliani in attesa di cittadinanza - non conformi alla legge. «Per ottenere la residenza – ha sottolineato Introvigne – occorre avere un requisito oggettivo, cioè essere fisicamente presenti in un comune, ma anche un requisito soggettivo, rappresentato dal fatto di volervi stabilmente dimorare. Nessuno dei brasiliani transitati a Crescentino si è fermato in città. E questo era noto a tutti gli imputati, addirittura nel contratto che Service Plus proponeva ai suoi clienti erano previsti aggravi di costi per chi soggiornava nelle abitazioni messe a disposizione dalla società oltre il tempo necessario per ottenere la cittadinanza». Mentre, rispetto a tempi e modalità di esecuzione delle pratiche, che secondo le difese sarebbero stati coerenti con quelli applicati da altri centri italiani, il magistrato ha replicato: «La differenza è che negli altri centri non c'è stato versamento di denaro ai dipendenti pubblici».
Prima della requisitoria, Masino, Aresi e Frassini avevano rilasciato spontanee dichiarazioni per ribadire l'estraneità alle accuse. Masino ha ammesso di aver affittato in nero una mansarda e un alloggio e di aver ricevuto denaro, sempre in nero, per alcuni lavoretti di manutenzione, ma ha rigettato le accuse di corruzione: «In 30 anni di lavoro sono sempre stato disponibile con tutti quelli che entravano in Comune: non sono un pubblico ufficiale corrotto» ha detto.
Aresi ha ribadito invece di essersi limitata a prendere atto della veridicità formale dei documenti che le venivano presentati: «Non avevo potere discrezionale sulle pratiche» ha detto e, rigettando le accuse di aver preso denaro dalla Frassini ha aggiunto: «Con lei era nato un rapporto di amicizia che non ha mai interferito con la mia attività lavorativa. In un momento difficile, quando ho avuto bisogno di denaro, le ho chiesto aiuto, ma ho poi restituito tutto».
Anche Frassini ha ribadito la correttezza della sua attività professionale, facendo precisazioni sulla corposa mole di documenti finiti nei faldoni dell'inchiesta.
In aula, a rappresentare il Comune di Crescentino, c'erano, con l'avvocato Cosimo Palumbo, il sindaco Vittorio Ferrero e l'assessore Annalisa Bordignon, sentiti come testi durante il processo. Il legale, oltre alla condanna ha chiesto la liquidazione di una provvisionale di 100mila euro, 67mila dei quali a ristoro delle spese sostenute per gestire l'anagrafe dopo l'arresto di Masino e Aresi e ha rinviato alla sede civile la quantificazione del danno patito dall'ente pubblico.
Si torna in aula a gennaio per le arringhe difensive.