Tra il settembre 2017 e la fine del 2018 avrebbero messo a segno svariati furti ai danni del patrimonio artistico trafugando beni in ville nobiliari, musei, luoghi di culto e private abitazioni, per commercializzarli poi in modo illecito, grazie anche a rivenditori compiacenti.
Nel lungo elenco dei colpi anche quello messo a segno in una dimora storica in provincia di Vercelli dove, nel mese di febbraio 2018, era stato rubato un pozzo in mattoni in stile neogotico, con iscrizioni in lingua latina e inglese.
I Carabinieri del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale, Nucleo di Bologna, coadiuvati dai colleghi di svariate località italiane, hanno eseguito un’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip di Bologna Gianluca Petragnani Gelosi, nei confronti di 5 persone, indagate, a vario titolo, di plurime azioni furtive commesse ai danni del patrimonio culturale. Si tratta di pregiudicati campani residenti tra le province di Brescia, Napoli e Asti. Altre due sono state arrestate in flagranza di reato, sorprese a trasportare su un furgone, al valico di Ventimiglia, svariati beni di antiquariato che stavano per essere esportate senza le previste autorizzazioni delle competenti autorità italiane. Dodici, infine, le persone (tra le quale le mogli di due degli arrestati) indagate a piede libero per furti aggravati, ricettazione ed esportazione illecita di beni culturali. Moltissime le opere d'arte recuperate, cui figurano 40 dipinti su tela, tavola e rame, 14 sculture di vario genere e dimensioni e 53 beni di antiquariato (ebanisteria, beni ecclesiastici e altri diversi). Quattro i pezzi sotto sequestro, opere di grande valore artistico ed economico, stimato in 350mila euro circa.
Le investigazioni, avviate nel settembre 2017, traggono origine dal furto aggravato denunciato ai Carabinieri dell’arte bolognesi da un locale antiquario, a cui, nei primi del mese, erano state asportate numerose opere d’arte, tra dipinti (oltre 30) e beni di antiquariato, per un valore che superava i 100mila euro, beni che teneva custoditi all’interno di un magazzino adibito alla custodia di opere d’arte a San Lazzaro di Savena. I successivi sviluppi investigativi, corroborati da intercettazioni telefoniche e ambientali e dai riscontro mediante l’utilizzo della “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, hanno permesso di acquisire plurimi e concordanti indizi nei confronti degli indagati che avrebbero messo in piedi un consolidato modus operandi nei furti e nella commercializzazione dei beni rubati, per la gran parte recuperati e restituiti ai legittimi proprietari.
Una parte dei beni recuperati, provenienti da tutto il centro-nord Italia, sono di origine ecclesiastica e di incerta provenienza dal momento che, con ogni probabilità, non era stata fatta denuncia di furto.