/ EVENTI

EVENTI | 17 aprile 2024, 21:26

Borgosesia; Palazzo Zerboni, Trama e Ordito - Una vita di scelte naturali

Borgosesia; Palazzo Zerboni, Trama e Ordito - Una vita di scelte naturali

A Borgosesia Enza Barbalini ha aperto le porte dello storico Palazzo Zerboni per ricordare Francesco Ilorini Mo, straordinaria figura di imprenditore valsesiano, accogliendo imprenditori, persone che gli furono vicine e lo apprezzarono, condividendo percorsi e valori: “Il mio sogno è quello di portare le Eccellenze del nostro territorio, quei personaggi che hanno contribuito a valorizzare il Made in Italy, raccontando la loro Storia. L'idea di organizzare l'evento in ricordo di Francesco Ilorini Mo è nata dai racconti del figlio Massimo, che mi hanno affascinata e coinvolta”. Nelle sale al primo piano un allestimento elegante, creato con la collaborazione del gallerista Alberto Crevola, evocava Francesco Ilorini e lo poneva in dialogo con le sue creazioni e con le collaborazioni prestigiose: dalla rivista “Agnona”, ai capi preziosi, che hanno mantenuto una straordinaria contemporaneità, alle storiche fotografie di Heliar Reolon e di Virgilio Carnisio che scorrevano su un grande schermo. Francesco Ilorini fu un personaggio geniale, visionario, anticipatore, di grande umanità e amante delle sue montagne. Durante la serata è stata messa in rilievo l’attualità del suo modo di essere imprenditore, figura emblematica nel trasmettere fiducia e speranza ai giovani. Conoscerlo è stato un “momento di illuminazione”: ha sottolineato Gianfranco Ormezzano. Hanno contribuito al dialogo molte tra le persone invitate, condividendo ricordi ed emozioni, purtroppo era assente Riccarda Ferrari, che fu la sua segretaria dal 1976 al 2002, ma aveva concesso una intervista a Piera Mazzone, che ne ha ampiamente parlato. Ilorini amò incondizionatamente questa valle e la promosse nel mondo: era solito accogliere gli ospiti stranieri, innalzando la bandiera del paese di provenienza, accanto a quella italiana e chiedeva a Riccarda di indossare il costume valsesiano, era un modo per “far sentire a casa”. Le “Maestre” di puncetto: Piera Beretta e Daniela Avondo, hanno ricordato il rapporto con la stilista Mila Schon, che inserì il puncetto nelle sue creazioni, mentre Francesco Ilorini chiese che per lui fossero realizzate preziose cravatte, una delle quali era esposta.

La biografia di questo personaggio nella parte iniziale fu comune a quella di molti giovani nati in piccoli paesi negli anni della prima guerra mondiale: da Arola il padre si trasferì a Colma di Valduggia lavorando alla Tessitura Lenot come elettricista: Francesco frequentò le elementari a Colma, poi a Valduggia, concludendole a Borgosesia. Nel frattempo il suo talento per il disegno fu sviluppato dalla frequenza alla Scuola di Disegno Gaudenzio Ferrari di Valduggia. A dodici anni fu assunto come “tacafile” al Lenot, a diciassette perdette il padre, e a ventitré era già Capo Disegnatore. L’autarchia lo mise in luce, studiò l’orbace della Sardegna, le lane della Campania, della Sicilia e della Toscana. Trasformò le difficoltà in opportunità: studiò le fibre naturali italiane, l’orbace in Sardegna e le lane in Campania e sull’Appennino, ottenne e incrociò diversi tipi di filati, creò le “Lane d’Italia”. Mancando i coloranti, che a causa dell’autarchia non potevano più essere importati, inventò una collezione in bianco e nero, elegantissima, che fu notata ed apprezzata. Il cognato aveva acquistato la Tessitura di Crevacuore e lo volle accanto. La svolta per Francesco Ilorini avvenne nel 1953 quando, con i capitali del Conte Ermenegildo Zegna e di Roberto Fila, creò le Lanerie Agnona. La fabbrica dei nidi di rondine, progettata da Isola e Boasso, divenne un punto di riferimento, così come il suo modo di scegliere i collaboratori, dagli operai ai dirigenti, trasmettendo loro un grande senso di appartenenza e sapendo cogliere il meglio in ogni persona, trasformando in positivo le negatività. L’ispirazione gli venne sempre dalla natura: Roberto Pietrasanta ha ricordato come Francesco fosse solito raccogliere sassi, foglie, pigne, pezzetti di legno, chiedendo poi ai tintori di realizzare quei colori, che divennero la sua cifra distintiva: “Francesco non voleva che i suoi capi fossero foderati, osservando che le pecore non hanno la fodera”. Gino Boscaro, che era stato direttore, ha ricordato come Francesco servisse personalmente il gelato ai dipendenti nel pomeriggio, seguito dal caffè, e la sfilata di Mosca in cui le modelle erano semplicemente avvolte nei tessuti drappeggiati. “Cino Moscatelli, il leggendario Comandante partigiano scherzosamente gli disse che se tutti gli industriali fossero stati come lui non ci sarebbe stato bisogno del Comunismo”: ha aggiunto il figlio Massimo.

La storia di Ilorini è stata raccontata attraverso alcune parole chiave: “montagna”, come amore per l’alpinismo, che si manifestò aderendo alla Giovane Montagna di Don Ravelli. Fu tra i soci fondatori della Sotto Sezione del CAI di Borgosesia, e tra i primissimi che aderirono alle squadre di Soccorso Alpino, fondate da Ovidio Raiteri, come ha ricordato Carlo Raiteri, Past Presidente della Sezione Cai di Varallo: “In montagna Adolfo Vecchietti era la tecnica, Barchietto la classe e Francesco l’arte: spesso si soffermava a osservare la perfezione di un lichene o le marezzature di una roccia”. Al Rifugio Pastore è stata posizionata una panchina dalla quale si vede tutto il Monte Rosa: è dedicata a Francesco Ilorini. “Musica”: Francesco fu tra i fondatori dei Cantores Mundi, che sostenne ed apprezzò, così come amò e valorizzò i poeti dialettali valsesiani. “Ecologia” ante litteram, intesa come rispetto dell’ambiente e degli animali: ideatore della "pelliccia ecologica", realizzata con tessuti a pelo in alpaca. “Semplicità”: orgoglioso delle sue origini, seppe interloquire con il mondo intero, concetto che coniugò con “spiritualità”: per lui era importante saper guardare le stelle, spegnendo il “lanternino”, perché avrebbe solo fatto ombra. Francesco era Terziario Francescano: la sua semplicità aderiva alla spiritualità francescana e si traduceva in azioni virtuose.

Le ultime due parole commentate sono state: “genialità” e “carisma”, talenti innati e tradotti in creazioni di grande eleganza.

Dopo tante testimonianze è stata presentata la voce del futuro: Daniele Guidi, titolare con il fratello Alessandro dell’omonima azienda, fondata a diretta dal padre Bruno a Grignasco, ai piedi del Monterosa, che produce accessori per la nautica e nel 2018 ha festeggiato i cinquant’anni di attività: “Papà ebbe una vicenda simile a Francesco: abitava ad Arva, a undici anni lavorava già e la sera studiava”. Daniele parlando della Guidi ha evidenziato come: “L'impegno in ambito socio-ambientale è un nuovo apporto strategico alla gestione dell'impresa. La nostra azienda si impegna nel sociale, nello sport e soprattutto nel mecenatismo culturale, collaborando con numerosi artisti italiani e stranieri: la nautica e i prodotti Guidi si mescolano a scultura, design, fotografia e arte, creando momenti di forte impatto comunicativo”.

La serata si è conclusa all’insegna della convivialità, gustando un raffinato apericena, in cui gli ospiti hanno potuto conoscersi e dialogare.


Piera Mazzone

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore