Con l’arrivo dell’autunno inizia la raccolta dei funghi, un alimento molto apprezzato, ma che potrebbe nascondere pericolose insidie se non si presta la dovuta attenzione. L’avvelenamento da funghi, infatti, può avere talvolta conseguenze anche molto gravi: ogni anno la maggior parte delle intossicazioni è determinata da funghi raccolti in proprio e non fatti controllare, raccolti in luoghi inidonei oppure commestibili ma preparati in modo non corretto.
Prevenire l’avvelenamento
Per sapere se i funghi raccolti, o ricevuti in regalo, sono commestibili, è possibile portarne alcuni in uno dei Centri di Controllo Micologico dell’ASL più vicina. Il servizio è gratuito.
Norme comportamentali per la raccolta
Devono essere raccolti soltanto esemplari interi e completi di tutte le parti necessarie alla determinazione della specie.
Si devono raccogliere soltanto esemplari giovani e assolutamente sani.
Per consentire la diffusione delle spore, i funghi raccolti devono essere riposti e trasportati in contenitori rigidi e aerati, realizzati in fibre naturali intrecciate.
Non si devono utilizzare sacchetti o contenitori in plastica.
Non devono essere utilizzati rastrelli, uncini o altri attrezzi che possano danneggiare lo strato umifero del suolo, il micelio e l’apparato radicale delle essenze arboree.
I funghi di qualsiasi specie, anche se velenosi o non commestibili, non devono in alcun modo essere volontariamente distrutti o danneggiati.
La raccolta di funghi spontanei è consentita entro i limiti complessivi previsti, per ogni singola specie, dalla Legge regionale n. 32/1982 e, in ogni caso, entro il limite quantitativo complessivo di 3 kg.
Non è consentita la raccolta della specie Amanita cesarea allo stato di ovolo chiuso.
Commestibilità, non commestibilità e tossicità dei funghi: falsi miti
Ancora oggi, purtroppo, i funghi sono oggetto di assurde e pericolose credenze popolari. Non è vero, ad esempio, che i funghi provvisti di tubuli e pori siano sempre commestibili e neppure che quelli provvisti di lamelle non lo siano. È falso che siano sicuramente commestibili quelli rosicchiati dalle lumache o da altri animali del bosco. Non è vero che i funghi che presentano un viraggio di colore al taglio siano sicuramente velenosi. Non esiste un modo empirico per distinguere i funghi commestibili da quelli non commestibili o velenosi; solo lo studio attento dei caratteri morfocromatici e un’accurata analisi dell’habitat di crescita possono permetterci di determinare con esattezza se il fungo raccolto può essere consumato senza mettere a repentaglio la nostra salute.
In genere i funghi sono distinti in:
commestibili: possono essere consumati cotti senza creare problemi, ad esclusione dei portatori di specifiche intolleranze alimentari;
non commestibili: pur non contenendo alcuna sostanza tossica, presentano sapori e odori sgradevoli, consistenza anomala, presenza di corpi estranei o infestazioni (vermi);
velenosi o tossici: contengono sostanze che possono procurare danni più o meno gravi al consumatore, anche se ingeriti in minime quantità.
I funghi commestibili non sono totalmente esenti da pericoli; infatti, in rapporto al luogo di provenienza, possono risultare contaminati da agenti esterni, quali fitosanitari, metalli pesanti (piombo, mercurio, cadmio), radionuclidi. È quindi necessario porre attenzione al luogo di raccolta evitando terreni situati in prossimità di strade a intenso traffico, discariche, industrie inquinanti ecc.
Per consumare in sicurezza i funghi spontanei
I funghi sono considerati un alimento a basso contenuto calorico e di notevole impegno digestivo e quindi devono essere consumati con moderazione. Non è consigliabile somministrare funghi a bambini, donne in gravidanza o in allattamento, persone affette da malattie debilitanti.
Conservare i funghi raccolti in frigorifero e consumarli entro 2 giorni dalla raccolta e previa adeguata cottura.
I funghi del genere Armillaria (chiodini) devono essere sottoposti a pre-bollitura per almeno 15-20 minuti, con eliminazione dell’acqua di bollitura.
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