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EVENTI | 17 aprile 2024, 21:17

Borgosesia: I Castelli valsesiani nell'incontro della Consulta della Cultura

Borgosesia: I Castelli valsesiani nell'incontro della Consulta della Cultura

La Consulta della Cultura, nel tradizionale incontro mensile di aprile, ospitato presso l’Auditorium della Scuola Media di Borgosesia, ha affidato a due relatori d’eccezione, il Direttore, e il Conservatore del Museo Carlo Conti, Viviana Gili e Gabriele Ardizio, un tema molto interessante: “I castelli valsesiani”.

Il focus della conferenza è stato Borgosesia, perché nel Museo Conti, aperto al pubblico nel 2007, conosciuto soprattutto per l’aspetto paleontologico e preistorico, è conservato un nucleo di oggetti ritrovati nella campagna di scavi al castello di Vanzone, condotta dal Gilodi nel 1913, con “approccio archeologico pionieristico”, ma soprattutto perché la città è un “crocevia di passaggi trasversali” per i collegamenti con l’alta valle, la Valsessera, il Biellese e il Novarese. Viviana Gili ha illustrato i reperti provenienti da Vanzone: “In Museo ci sono due grandi vetrine dedicate a Vanzone con i reperti provenienti dagli sterri condotti dal Gilodi nel 1913, che erano stati donati a Carlo Conti: si tratta di materiali metallici, incudini, scalpelli, cunei, chiodi da costruzione, battacchi con forme lobate, una staffa da balestra, una piccola palla da archibugio, una chiave, una serie di punte da freccia o da balestra e alcuni frammenti ceramici più tardi, compresi tra XIII e XVI secolo, tra i quali è presente anche la base di una bottiglia in vetro di provenienza siriaca, importante perché attesta scambi commerciali molto più ampi di quanto si potesse immaginare, riportando ad una Valsesia non periferica ma snodo di vie commerciali e di comunicazione”.

Attraverso il Progetto Habitat, realizzato nel 2022 e 2023, finanziato da un bando dell’Istituto San Paolo, che ha permesso di valorizzare in modo nuovo ed accattivante il territorio, il Museo si è assunto il compito di far dialogare i reperti con i luoghi dai quali provengono, ideando dei “percorsi esperienziali” guidati da Orsi Spelei: “E’ nato il Sentiero di Berth che attraversa le frazioni basse di Borgosesia, il Sentiero di Agnes, un’orsa pastora che dal centro di Agnona si incammina sul i sentieri di transumanza verso il Biellese, il Sentiero di Caio, orso protoromano, che indirizza nel centro di Borgosesia alla scoperta di qualcosa che ormai non esiste più, ma, osservando con attenzione, si scorgono ancora delle tracce e il sentiero di Helsa, orsa archeologa, che conduce da Fenera San Giulio alle Grotte di Ara, arrivando fino all’innesto del sentiero delle grotte”. Questo approccio “amichevole e leggero” ha permesso a molte famiglie, e alle persone interessate, di scoprire il territorio attraverso un contatto diretto.

Ardizio ha premesso che: “Il medioevo è stato un periodo poco indagato dalla tradizionale storiografia valsesiana, che ha preferito approfondire altre epoche”, prima di illustrare i vari siti dove sono stati rinvenuti i resti di antiche fortificazioni, partendo da un elenco pubblicato da Giovanni Sommo che comprende ben sedici insediamenti fortificati sul territorio valsesiano: Alagna, Varallo, castello Barbavara di Roccapietra, castello di Arian Roccapietra, Torre di Quarona (San Giovanni), Vanzone, Robiallo, Agnona, Aranco, Montrigone, Bornate, Serravalle, Piane, Vintebbio, Grigasco, Prato. La prima citazione documentaria sui castelli risale al 1025 e riguarda il castello di Roccapietra, chiamato anche castello dei Barbavara. In Valle tra XI e XII secolo i Conti di Biandrate, compagine signorile molto compatta, furono una “presenza extravalliva” importante. Il priorato cluniacense di Castelletto Cervo, fondazione dei Biandrate, nel XII secolo possedeva buona parte dei territori in sponda destra del Sesia. Il castello di Robiallo, sopra Bettole, in sponda sinistra, da un documento del 1270, appare come confine meridionale della Valsesia.

Ardizio ha fatto notare come i castelli valsesiani fossero stati collocati proprio a controllo della “viabilità trasversale”, crocevia di scambi e di passaggi: “Legati a doppio filo con le valenze economiche”. Per far capire quale fosse la struttura di un castello del XII secolo, è stato presentato l’esempio del castello di Roccapietra: “Un recinto con all’interno una porzione signorile, una torre, chiamata dongione, dove risiedeva il signore, e intorno c’era il nucleo abitato, la villa, mentre il burgus era l’abitato che sorgeva fuori dal castello”. Per Vintebbio la situazione è diversa: in un documento del 1207 si parla di abitato “ante castrum”, davanti al castello. E’ stata poi focalizzata l’attenzione sui torrioni di grandi dimensioni, dei quali oggi si vedono solo le fondamenta: “Dieci metri per otto: era lo standard valsesiano per questo tipo di torri con funzioni residenziali, costruite con pietre raccolte sul luogo, blocchi a spacco, ciottoli”. La particolarità dei castelli valsesiani, secondo Ardizio, era il fatto che si “cristallizzarono” nel momento in cui vennero abbandonati, perché le loro funzioni difensive erano venute meno.

Cosa rimane oggi dei castelli valsesiani? La memoria, la valenza simbolica e alcune raffigurazioni fantasiose molto tarde. I castelli nell’Ottocento, animato da forti istanze patriottiche, furono trasformati in emblemi della tirannide medievale.

Dopo le domande del numerosissimo pubblico, incuriosito dalle varie sollecitazioni emerse, l’Assessore Gianna Poletti, che fa parte della Consulta, ha annunciato il prossimo incontro del 18 maggio al teatro Pro Loco: “Si tratterà di una restituzione: a novembre agli studenti delle scuole borgosesiane era stata proposta una ricerca sulla toponomastica, cui hanno aderito molte classi, lavorando in direzioni diverse con risultati eccellenti. I lavori saranno esposti alla Pro Loco e presentati, svelando risultati del tutto inattesi”.

Piera Mazzone

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